Riprende ufficialmente la corsa al nucleare

24 luglio 2010 alle 15:24 | Pubblicato su Energia | Lascia un commento

La Corte costituzionale ha rigettato i ricorsi sollevati da 10 regioni sulla legge n. 99 del 2009 che conferisce al governo la delega per la riapertura degli impianti nucleari in Italia, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili. Tra le dieci regioni ricorrenti, c’era anche la Puglia che non ce l’ha fatta, nonostante i numerosi profili di illegittimità della legge. La corsa dell’Italia al nucleare, a questo punto, sembra procedere a vele spiegate. La parola passa ai cittadini dei territori interessati, che diranno cosa ne pensano dell’atomo. Infatti la prossima tappa del ritorno al nucleare,  sarà individuare i siti che ospiteranno le centrali. Secondo il governo, saranno necessari circa tre anni. I criteri per la scelta sono i seguenti: zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua (ma senza il pericolo di inondazioni) e lontane, preferibilmente, da zone densamente popolate. Quali sono i siti più probabili? Innanzitutto, quelli già scelti per i precedenti impianti, chiusi dopo il referendum del 1987: Caorso (Piacenza), Trino Vercellese (Vercelli), Montalto di Castro (Viterbo), Termoli (Campobasso), Porto Tolle (Rovigo), Monfalcone (Gorizia), Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia). Per i siti che ospiteranno le centrali nucleari è prevista una “Royalty”di 10 milioni di euro a favore non si sa bene di chi (Enti? Comuni? Cittadini?). Un primo passo per rendere efficace la lotta contro la costruzione delle centrali potrebbe essere il rifiuto da parte delle amministrazioni locali, di qualsiasi forma di compensazione per la presenza delle nuove strutture. Ma c’è da scommettere che di fronte ai soldi promessi dal governo, molti potrebbero improvvisamente cambiare idea e sposare la causa nuclearista.

I tagli del governo all’ eco sostenibilità domestica.

11 dicembre 2008 alle 19:17 | Pubblicato su Energia | 4 commenti

casa1 di Pino Montedoro

Si sente parlare sempre più spesso di ambiente eco sostenibile e ciò è inevitabilmente legato ad un altro aspetto che va a braccetto con questo argomento. La crisi energetica, la salvaguadia dell’ambiente che ci circonda e le varie ed eventuali soluzioni da adottare. Il tutto riconducibile ad un contesto produttivo, ma soprattutto “innovativo”. Oggi l’innovazione è tutto.E’ la “mission” di ogni azienda, almeno quelle serie. Stare sul mercato ed essere allo stesso tempo innovativi e competitivi è come fare i “100 metri piani” in 9 secondi, quando gli altri ci impiegano il doppio. Pensare il futuro quotidiano recita una famosa pubblicità. Ed il futuro quotidiano può passare anche attraverso le scelte di ognuno. Tanto per iniziare, potremmo, nel nostro piccolo, contribuire alla nostra personale eco sostenibilità, quella domestica di tutti i giorni che salverà il pianeta. Ad esempio si è conclusa da poco una fiera a Rho (Milano), denominata fiera dell’Artigianato. Circa tre milioni di visitatori e, considerando la difficile situazione che attraversiamo, un successo inaspettato. Ad incuriosire il pubblico è stato soprattutto il padiglione di “Ecoabitare” dove c’era esposta “Rebecca” che non è una bellissima fotomodella, ma una casa prefabbricata eco sostenibile all’80%. Autonoma quasi del tutto dal punto di vista energetico. Sul tetto un sistema di pannelli fotovoltaici che hanno la funzione di alimentare l’impianto di illuminazione a led ed il riscaldamento. Fin qui quasi nulla di straordinario se non fosse che “Rebecca” è dotata anche di un efficacissimo sistema di recupero e depurazione dell’acqua piovana. La casa eco sostenibile è’ composta da materiali che ne garantiscono il massimo risparmio energetico ed emissione di CO2 inferiore al 78%. Ma esaminiamo, in termini di numeri, quali sono i vantaggi da qui a 20 anni per chi acquista “Rebecca”. Quasi 40 mila euro di risparmio sui consumi energetici. Circa 20 mila euro di guadagno risulteranno dalla vendita di energia fotovoltaica all’ente gestore. 27 mila euro saranno risparmiati grazie all’impianto di recupero e purificazione delle acque piovane. Insomma un cospicuo vantaggio per il nostro portafoglio ma anche per l’ambiente circostante. In un clima decisamente sereno non sono mancate però le polemiche soprattutto per la decisione del governo Berlusconi di tagliare i fondi per la detrazione del 55% sugli interventi di riqualificazione energetica. Molte imprese che esponevano a Milano Fiere sono state colpite direttamente da questo provvedimento e sono preoccupate per il futuro. Purtroppo vengono tolti gli incentivi che accontentavano sia il fornitore che il cliente, laddove invece dovrebbero essere aumentati. Per il bene comune, per il nostro ambiente e per l’economia.


Liberalizzazione del mercato energetico: Non è tutto oro quello che luccica.

18 giugno 2007 alle 22:51 | Pubblicato su Energia | 1 commento

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Poco più di due mesi fa ci sono state le sentenze di condanna definitive ai dirigenti della Enron,  il colosso americano dell’energia che nell’ottobre del 2001 dichiarò bancarotta. Riprendo l’argomento a distanza di tanto tempo poiché come ben saprete dal 1 luglio 2007 il mercato dell’energia sarà aperto ai privati e non sarà solo ad esclusivo appannaggio delle aziende statali. Mi direte: Cosa c’entra la Enron con la privatizzazione del mercato energetico che prenderà il via tra qualche giorno in Italia? Lo scoprirete presto.Qui di seguito vi spiegherò cos’è successo in California con il mercato non regolamentato,la famosa deregulation che amava tanto Kennet Lay, il presidente e fondatore della ENRON. Lay era un convinto assertore del mercato deregolamentato a tal punto da far cambiare le regole negli USA con l’appoggio di potenti personaggi politici che conoscerete più in la. Ma prima è doveroso, per chi non conosce un gran che sul caso Enron, fare una cronistoria di tutta la vicenda e rendersi conto degli enormi rischi ai quali andremo incontro. Per fare ciò mi sono avvalso di un libro che ho letto e della trasmissione televisiva Report sul caso Enron, andata in onda agli inizi di aprile di quest’anno.

La “parabola ENRON : breve storia della società ed analogie con la PARMALAT

Negli USA con il falso in bilancio e l’Insider Trading non si scherza. A differenza di quello che succede da noi, la legge colpisce duramente.  Il più grande crack finanziario della storia è costato il posto a 2000 dipendenti della Enron ( e società collegate ad essa) , che hanno perso lavoro e fondi pensione e che non hanno potuto vendere le azioni dell’azienda nella quale credevano (mentre i dirigenti come Lay, Skilling e Fastow ( nelle foto ) hanno venduto le proprie, per 580 milioni di dollari).  Nel libro  di Nicola Borzi “La parabola Enron e la crisi di fiducia dei mercati finanziari” si parla di un “buco” di oltre 600 miliardi di dollari,  una cifra spaventosa. Dopo questo, gli Stati Uniti hanno varato una riforma del sistema societario, la più dura dagli anni della depressione: La Sarbanes Oxley che è una legge emanata nel luglio 2002 a seguito degli scandali che hanno coinvolto oltre alla Enron ed alla Artur Andersen anche la Worldcom.  La legge mira ad intervenire per chiudere alcuni “buchi” nella legislazione, garantire strasparenza delle scritture contabili e, dal punto di vista penale incrementare la pena nei casi di falso in bilancio e simili. Secondo alcuni storici dell’economia, si tratta di uno degli atti governativi più significativi in campo economico. Si doveva dare un segnale di durezza per cui chi non rispetta il mercato, le leggi, chi cerca di fare “il furbetto del quartiere” non viene premiato o salvato dallo stato. In Italia ad esempio se crei un buco di miliardi, lo stato ti viene incontro e ti “premia” con un decreto salva debiti, come nel crack della Parmalat, che ha prodotto un buco di 14 mld di Euro.

 La “parabola” ENRON: Le condanne

  • Il 28/05/2006 Kenneth Lay è stato condannato ad una detenzione per 20-40 anni di carcere. Pena che non sconterà poiché è morto d’infarto, nell’etstae del 2006.
  • Jeffrey Skilling è stato condannato a 24 anni di carcere, per abuso di informazioni. Si è sempre dichiarato innocente del crack dell’azienda, ma ha pagato ai suoi avvocati una parcella di 23 milioni di dollari.
  • Ad Andrew Fastow è stata confermata la condanna a 6 anni di carcere ( prima sentenza del 2002, uscirà nel 2008 ); la condanna è “mite” nei suoi confronti perché ha restituito 23 milioni di dollari e sta collaborando alle indagini.
  • Altri dirigenti come Kopper, hanno avuto una pena ridotta (a 3 anni) avendo collaborato  alle indagini ed essendo le loro responsabilità meno gravi rispetto ai citati sopra.
  • La Arthur Andersen, la più antica e prestigiosa società di revisione degli Stati Uniti che ha falsificato i bilanci, è stata condannata, quindi finita in bancarotta. I 25.000 impiegati a spasso senza senza lavoro.

Le analogie con il crack PARMALAT:

  • Conti gonfiati ad arte, per dare l’immagine di un’azienda sana e florida. Grandi campagne pubblicitarie.
  • Società di revisione dei conti a libro paga dell’azienda.                                                
  • Influenti contatti coi politici (Tanzi inizialmente finanziava solo la DC di De Mita, poi ha unto tutte le ruote. Anche quelle dei partiti di sinistra. Kenneth Lay finanziava Repubblicani e Democratici, ma vantava una intima amicizia con la famiglia Bush (senior e junior ),dal quale, a sua volta ha ottenuto milioni di dollari di contributi governativi.                    
  •  Banche compiacenti, che chiudevano un occhio sui buchi di bilancio che venivano fatti poi pagare dai risparmiatori tramite Bond.                                                                   
  • Investimenti all’estero: come la Enron era andata ad aprire una centrale elettrica in India, rivelatosi un totale fallimento, anche la Parmalat investiva in sudamerica, all’est.

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Da una parte Tanzi e Tonna, dall’altra Lay e Skilling: ma quali le differenze?

  • Ken Lay è stato arrestato dalla SEC, l’organo di controllo della borsa americana.  In Italia la Consob non ha potere di arresto.                                                             
  • Tanzi ha fatto 4 mesi di carcere. Da settembre 2006 è un uomo libero ed è tornato a lavorare. Oggi è produttore di succhi di frutta.                                                                 Anche Tonna è tornato a lavorare, in attesa della sentenza definitiva.Sentenza che sarà emessa entro il 2022. Vista l’età delle persone coinvolte e la piega che sta prendendo il processo, nessuno pagherà per il crack di Parmalat.
  • Negli Stati Uniti è stata indetta una commissione parlamentare. La stessa commissione interroga gli imputati e chiede merito sulle malefatte.
  • In Italia invece a portare a casa il processo saranno le procure di Milano e Parma.La piccola procura di Parma riceve, per le spese d’ufficio, 10000 euro all’anno. Dopo una telefonata alla capo di gabinetto del ministro della giustizia, il proc. Capo Laguardia ha ottenuto altri 4000 euro.Interpellato a riguardo, Clemente Mastella, ha detto che non può prestare attenzione a tutte le grida di allarme che arrivano dalle procure. Ai finti isterismi … Nessun politico può tirarsi fuori dalla vicenda Parmalat.
  • In Italia il reato di falso in bilancio è stato depenalizzato.
  •  La Enron non è stata salvata dai contribuenti americani.
  •  La Parmalat è stata salvato dal decreto Marzano. Il titolo è tornato in borsa e l’azienda ha continuato a lavorare.

Enron è stata un onta, per il sistema americano. Ha messo in luce la cupidigia dei manager accecati dal denaro, dalla cupidigia, cui non interessava affatto la salute dell’azienda per cui lavoravano. È stata una lezione che, forse, ha insegnato qualcosa. In Italia di Parlamat non si parla quasi più. Non si parla nemmeno delle Class Action, strumento con cui i poveri risparmiatori verrebbero messi in condizioni di battersi nei fallimenti. Non si parla neanche di una riforma del sistema societario, che ripristini la responsabilità penale delle aziende.

Quali le priorità del ministro Mastella?

L’indulto (di cui hanno beneficiato anche molti colletti bianchi) e la legge sulle intercettazioni.  

Il film di Alex Gibney su Enron (“Enron: l’economia della truffa”) mostra alcuni aspetti su cui è bene che riflettiamo prima che sia troppo tardi.Ha messo in luce il lato oscuro del sogno americano: evidenzia gli eccessi e la cupidigia dei manager dell’azienda. Persone come Lou Pai che si portava le spogliarelliste (pagate coi soldi della Enron) in sala contrattazioni: manager da 200 milioni di dollari, che ha lasciato poi nell’azienda un buco di 1 miliardo. Come Skilling, che portava avanti la cultura del macho, aggressiva, di un manager intraprendente che non esita a fare le scarpe al collega pur di fare carriera. Esisteva nella Enron una commissione di valutazione, per cui il 10% degli impiegati doveva essere valutato 5, ossia licenziato. Ma poteva capitare anche che un impiegato venisse promosso dirigente. 

Le bolle di sapone

La Enron era stata brava a creare un’immagine di azienda intraprendente e all’avanguardia. L’immagine prima della sostanza. Come nel business del Video On Demand: una bufala che non portò a nessun centesimo di profitto, ma che fece schizzare le azioni a +34%. O come il business delle previsioni meteo.

Il mark to market

Alla Enron fu concesso di gestire la contabilità attraverso il “mark-to-market” , che permetteva di mettere in bilancio i profitti futuri il giorno stesso della firma di un contratto . Probabilmente la caduta della società iniziò da quel giorno.  La “Artur Andersen”, che all’epoca intascava dalla Enron 1 milione di dollari a settimana  per il lavoro di consulenza finanziaria e controllo dei bilanci,  firmò e l’organo di controllo della borsa (SEC) approvò.La Enron metteva a bilancio entrate ipotetiche, sulle quali scommetteva. L’immagine della società, dal punto di vista contabile, si basava sulle previsioni e sulla parla della Enron stessa. Agli analisti bastava fare una telefonata a “Jeff” ( Skilling) e quello che diceva Jeff veniva preso per oro colato. Quindi gli analisti non analizzavano un bel niente!

Il mercato azionario dell’energia

Una delle idee “più brillanti” di Jeffrey Skilling fu la creazione di un mercato azionario di energia: l’energia che non aveva più un valore fisso, ma veniva venduta come le azioni o i bond. Il prezzo fluttuava in base al valore della borsa e del mercato. Valore che veniva pilotato: pagando gli analisti perchè dessero un’immagine florida della Enron. E chi cercava di capire da dove venissero i profitti veniva licenziato come John Olson, della Merril Linch. Sia forzando il sistema: in California vigeva la liberalizzazione del mercato dell’energia. Ma da qualche parte i soldi dovevano arrivare. 

La liberalizzazione dell’energia ed i rischi che potremmo correre in ITALIA!

La California fu il primo stato a sperimentare la liberalizzazione dell’energia. E il 2000 fu anche l’anno dei blackoout., ricordate?  Tramite dei blackout pilotati la Enron faceva vendere ai suoi operatori l’energia allo stato ad un prezzo del 400% superiore. Gli operatori della Enron realizzarono profitti per 2 miliardi di dollari.Grazie alla deregulation del sistema, agli agganci politici di Ken Lay, ai blackout pilotati (del 2000), la liberalizzazione permise alti guadagni a Lay e soci. Sapevano che senza la liberalizzazione il castello di carte sul quale si poggiava la Enron, sarebbe caduto. La Enron aveva a libro paga la F.E.R.C., l’ente federale che doveva controllare sull’energia. La crisi energetica mise in cattiva luce il pres. Uscente Gray Davis, permise l’elezione del repubblicano Schwarzenegger (dopo Reagan gli americani credevano di aver visto di tutto): alla California questo costò 45 miliardi di dollari. Il motto della Enron era “ask why”: ecco, è bene che lo teniamo a mente anche noi. È un insegnamento che dobbiamo imparare. Chiediamoci sempre perchè, non fidiamoci troppo, abbiamo un atteggiamento di sano sospetto verso coloro che ci governano.In Italia si partirà dalla liberalizzalizzazione del mercato dell’energia dal 1 luglio 2007. Già in alcune regioni si pagano bollette salate per l’acqua (nella Sicilia di Totò Cuffaro ad esempio). Del business dell’acqua ne aveva parlato sempre Report la stagione scorsa.Ministri come la rutelliana Lanzillotta continuano a ripetere che si devono liberalizzare i servizi.Ben venga il mercato libero sull’energia ma che il caso Enron sia da monito per tutti, teorici della “DEREGULATION” e difensori del “MERCATO REGOLAMENTATO”

Per chi ha voglia di approfondire, un sito ed un libro:http://www.report.rai.it ( Enron: L’economia della truffa )

La parabola Enron e la crisi di fiducia dei mercati finanziari di Nicola Borzi – feltrinelli editore   

Energia alternativa: Ma la vogliamo veramente?

30 Maggio 2007 alle 22:20 | Pubblicato su Energia | 1 commento

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Si parla tanto di energia alternativa” ma non tutti sanno in che cosa consiste e come si sviluppa. Ad esempio oggi si parla spesso, senza saperne granché, di “biomasse”, “fotovoltaico”, “eolico” ecc. e quindi analizziamo come si producono le prime, vale a dire le biomasse, una delle fonti meno inquinanti per l’ambiente e per niente nociva alla salute, in quanto è un processo di trasformazione che sfrutta elementi che si trovano in natura e non chimici. Ma prima di presentare il processo produttivo delle biomasse, trovato su internet e messo a disposizione dei lettori, vorrei fare una lunga premessa: E’ curioso notare il killeraggio mediatico che si fa intorno ad una qualsivoglia idea di produrre energia alternativa. Ci lamentiamo degli effetti collaterali che in alcuni casi non esistono. Oggi tutto è nocivo, dall’aria che respiriamo al cibo che mangiamo, senza aver costruito nessuna centrale. Che dire poi del CO2 che sprigionano i tubi di scappamento degli autoveicoli,  dell’inquinamento radioelettrico delle antenne telefoniche. Vorrà dire che dovremmo rinunciare tutti a respirare e a mangiare, a guidare una  macchina ed al nostro “amato”telefonino.  E questo lo sappiamo che non è possibile. Purtroppo alcuni non hanno ancora capito che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Bisogna pur scendere a compromessi, come quello delle pale eoliche che nessuno vuole. Se è per questo bisognerebbe domandarsi: ma cosa vogliamo veramente? L’energia “fotovoltaica” potrebbe essere la soluzione di tutti i ns. problemi in quanto è alimentata da quella risorsa naturale che è il sole, da noi splendente 9 mesi su 12. I costi sono eccessivi? E allora facciamoli diventare accessibili con apposite politiche di solidarietà verso le regioni più depresse dal punto di vista occupazionale. C’è chi viene pagato per pensare a queste cose e finché noi cittadini ci dibattiamo e ci dimeniamo tra “eolico si” e “eolico no”, “biomasse si”e  “biomasse no”, altri paesi come
la Finlandia e
la Danimarca fanno i fatti. Ad esempio in Finlandia, che è il primo produttore al mondo di carta, hanno trovato il sistema per smaltire i rifiuti del processo produttivo della carta stessa con il sistema delle “biomasse”. I rifiuti vengono immessi nel processo produttivo e producono energia. Ci sono alcune fabbriche di carta che si “autoalimentano”. Non è straordinario! Hanno risolto due problemi in un colpo solo. E noi Italiani quando faremo entrare nella nostra “cucuzza” questa mentalità?  Forse mai! Ha proprio ragione Beppe Grillo quando dice che in alcuni paesi ci sono piani energetici per i prossimi 20, 30 anni e noi non siamo cosa fare domani mattina!

BIOMASSE

Per biomasse si intende un insieme di materiali d’origine vegetale, scarti da attività agricole, allevamento o industria del legno riutilizzati in apposite centrali termiche per produrre energia elettrica. Proviamo a stilare una lista delle principali materie prime energetiche da biomasse:

  • legname da ardere
  • residui agricoli e forestali
  • scarti dell’industria agroalimentare
  • reflui degli allevamenti
  • rifiuti urbani
  • specie vegetali coltivate per lo scopo

Trarre energia dalle biomasse consente d’eliminare gli scarti prodotti dalle attività agroforestali e contemporaneamente produrre energia elettrica, riducendo la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il petrolio.

Energia pulita a tutti gli effetti.

La combustione delle biomasse libera nell’ambiente la quantità di carbonio assimilata dalle piante durante la loro crescita e una quantità di zolfo e di ossidi di azoto nettamente inferiore a quella rilasciata dai combustibili fossili. Le opere di riforestazione in zone semidesertiche permettono di recuperare terreni altrimenti abbandonati da destinare alla produzione di biomasse e indirettamente migliorare la qualità dell’aria che respiriamo. Le piante svolgono infatti l’importante funzione di “polmone verde” del pianeta riducendo l’inquinamento e l’anidride carbonica contenuta nell’aria. Le coltivazioni dedicate esclusivamente a produrre biomasse da destinare alla produzione elettrica non fanno eccezione a questa naturale caratteristica del mondo vegetale.
La Finlandia rappresenta l’esempio più calzante per descrivere l’importanza delle biomasse e le possibilità di utilizzo. Gran parte degli scarti della lavorazione della carta e del legno dell’industria finlandese sono trasferiti alle centrali termiche per produrre energia. Si evita così di stoccare gli scarti in discariche o pagare per il loro incenerimento.

Quello che un tempo era un costo da sostenere si trasforma in un’opportunità da non perdere e da sfruttare per produrre preziosa energia elettrica.Non va comunque confuso il concetto di biomassa con quello della termodistruzione dei rifiuti. Le biomasse sono esclusivamente scarti d’origine vegetale e non rifiuti delle attività umane. Per ridurre ulteriormente l’impatto ambientale è inoltre necessario che le centrali termiche siano di piccole dimensioni e alimentate con biomasse locali, evitando in questo modo il trasporto da luoghi lontani.

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