Trash Society

20 gennaio 2011 alle 10:56 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

Dopo la caduta della prima repubblica, tutti quanti abbiamo immaginato di dover affrontare gli anni a venire sotto un’altra prospettiva politica. La voglia di sovvertire il binomio che politica era uguale a corruzione aveva contagiato un po’ tutti: destra, sinistra, centro. Un forte senso di legalità e moralità aveva pervaso le nostre coscienze e ridato la speranza di poter vivere in una società democratica, legalitaria e moralizzatrice. Invece dove e come viviamo oggi?

Senz’altro , in una società senza ideali, trasformata in un  puttanaio stratificato in tutti i settori, visibile a tutti i livelli, dai mass-media alla politica. Viviamo in una società dove non c’è spazio per le emozioni collettive; priva di valori e piena di opportunismi e trasformismi.

Viviamo in una società che ha perso ogni dignità, il proprio codice deontologico; spietata contro le fasce più deboli. Ed essendo tali, quindi,  ricattabili.

Siamo sempre pronti a riempirci gli occhi di lacrime per l’ennesimo soldato caduto in Afghanistan, ma abbiamo perso il valore della misericordia, della solidarietà. Se incrociamo un uomo disteso per terra, lo scavalchiamo con indifferenza, come se, oltre il nostro mondo, nulla può riguardarci.

Stiamo vivendo in un puttanaio e forse chi fino a questo memento ha dormito si è risvegliato e riflette.

Viviamo  in una società senza grandezza, che ha perso la sua virilità, dove gli obiettivi primari sono: l’acquisto di un SUV,dell’ l’ultimo telefonino supertecnologico, del Notebook ultrapiatto,  del’I-Pod, l-Pad, I-Phone 1,2,3,4; oggetti  da esibire come trofei e che ci fanno salire i gradini della scala gerarchica della società che “conta”, quella dell’apparire rispetto all’essere. Viviamo in una mediocrità quotidiana fatta di codici, password, parole chiave, Pin,cin,puk,enter, logout.

Non riusciamo più a trasmettere e a ricevere emozioni,  a scrivere una lettera utilizzando un foglio e una penna, comunichiamo attraverso le mail, gli sms, gli  mms, le chat. Si sono persi i veri valori dell’amicizia, quella fatta di rapporti umani e non virtuali.

Persino i nostri figli hanno subito una mutazione genetica: Si rintanano nella loro stanzetta per intere giornate davanti alla Tv o al PC, alla Playstation, all’Xbox. Dove sono finite le partite di “pallone” che duravano fino a tarda sera?

Proviamo invidia e non sdegno nei confronti di chi, può permettersi di affittare un’intera palazzina e “parcheggiarvi” le proprie puttane, anche minorenni.  Cortigiane di palazzo che accorrono quando il Re chiama. Pronte a tutto pur di fare carriera!

E tutto passa per “normale”.

Il virus dell’indifferenza si è propagato come una metastasi nella nostra società  e l’antidoto dell’indignazione non riesce a guarci da questo letame sociale.

E come non puntare il dito sulla TV trash, fomentartrice di questa deriva sociale che ha agito e agisce sulla psiche dell’immaginario collettivo; soprattutto sui giovani che la prendono a modello. Dalla trasmissione “Drive in”, pioniera della Tv spazzatura, al “Grande fratello”, dalle isole dei famosi, ad Amici, ai gabibbi, alle veline, ai buffoni , alle troie di Stato, ai “Minchiolini” di turno.

Viviamo in una società dove tutto è virtuale e falso, che trasuda pornografia a tutti i livelli. Proprio per questo, viviamo in un bordello a cielo aperto.

Come trarre in salvo noi e le generazioni future da tutto questo?

 

Pinuccio Montedoro

La morale “FAI DA TE”

5 agosto 2010 alle 08:41 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

La questione morale agita il dibattito politico dal lontano 1981, da quando cioè – undici anni prima di Mani pulite – l’allora segretario del Pci, Enrico Berlinguer, ne parlò per primo. La Seconda Repubblica nacque giurando di non intascar tangenti, di rispettare il bene pubblico, di debellare malaffare e criminalità. Bastano tre cifre, invece, per dirci a che punto siamo arrivati. Nel nostro Paese, in un anno, l’evasione fiscale sottrae all’erario 156 miliardi di euro, le mafie fatturano da 120 a 140 miliardi e la corruzione brucia altri 50 miliardi, se non di più.

Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza.

Se è vero, come ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, che «la legalità è un imperativo categorico per tutti, e in primo luogo per i politici, e nessuno ha l’esclusiva», è altrettanto indubbio che c’è, anche ad alti livelli, un’allergia alla legalità e al rispetto delle norme democratiche che regolano la convivenza civile. Lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni. L’appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all’illegalità. Ci si accanisce, invece, contro chi invoca più rispetto delle regole e degli interessi generali. Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori”. Semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto.

Che ne sarà del Paese, dopo la rottura avvenuta tra Berlusconi e Fini? La scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare “vera” politica. Quella, cioè, che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà. Bisogna avere l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato. Giustamente, i vescovi parlano di «emergenza educativa». Preoccupati, tra l’altro, dalla difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni valori, comportamenti e stili di vita eticamente fondati.

Contro l’impotenza morale del Paese, il presidente Napolitano ha invocato i «validi anticorpi» di cui ancora dispone la nostra democrazia e la collettività. Famiglia, scuola e, soprattutto, mondo ecclesiale sono i primi a essere chiamati a dare esempi di coerenza e a combattere il male con più forza. Anche di questo si dibatterà a Reggio Calabria, dal 14 al 17 ottobre, nella 46ª edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani. Dei 900 delegati, 200 sono giovani. Una scelta. Un investimento. Un piccolo segnale di speranza.

Fonte: Famiglia Cristiana

Beati i popoli che hanno eroi come Mangano

2 luglio 2010 alle 22:29 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

Berlusconi ha provveduto all’educazione sentimentale dell’Italia: con le tv e la vita privata. Non poteva fare tutto da solo. Per l’educazione alla legalità di un Paese leggermente marcio, aveva bisogno d’aiuto e di modelli da proporre. L’aveva da sempre al fianco, l’uomo giusto per diffondere il rispetto della legge: Marcello Dell’Utri. Condannato anche in appello “solo” per concorso esterno con la mafia. Sette anni di carcere. Ma lui quasi se la ride. Giudica, condanna e sbeffeggia i giudici. Sentenza pilatesca, proclama. Un arrogante giudizio spregiativo. Pilatesco è chi arretra davanti alla responsabilità e alla scelta, l’ignavo ripugnante. Ma i giudici non si sono lavati le mani come Pilato: hanno deciso. Assolvendo per un verso l’imputato. Ma confermandogli la condanna inflitta in precedenza. Dell’Utri consente che  i giudici sono stati “onesti ma non coraggiosi”. Onesti forse perché hanno “solo” confermato la condanna di primo grado: “concorreva” con la mafia ma solo dagli anni settanta fino al 1992.

Giudici sempre ritenuti, anche dai suoi avvocati, corretti, imparziali: niente toghe rosse o professionisti dell’antimafia antiberlusconiana. “Onesti ma non coraggiosi”: perché non lo hanno assolto del tutto. Hanno infatti escluso che Dell’Utri, in base alle prove finora presentate, sia stato il referente di Cosa nostra nella trattativa con l’”entità politica” (Forza Italia nascente) durante le spaventose stragi del 1992-1993. Culminate con l’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borselino con le loro scorte e poi negli attentati terroristici in mezza Italia. Fine del teorema sulla matrice mafiosa di Forza Italia: così festeggia Dell’Utri, con larga parte del Pdl. Ma al braccio destro di Berlusconi non è bastato. Ha fatto “le condoglianze” al procuratore che ne aveva chiesto la condanna anche per connivenza con la mafia dopo il 1992. Replica secca del magistrato: in lutto dovrebbe sentirsi lui, con sette anni di carcere da scontare (?). Non bastasse, il senatore condannato ha rilanciato su un versante pauroso: appunto esercitando l’educazione alla legalità avviata col capo. “Per me Vittorio Mangano resta un eroe”. Mangano è l’ex “stalliere” di Arcore portato da Dell’Utri alla corte di Berlusconi per due anni. Poi tornato a Palermo, processato e condannato per mafia e omicidio e morto in carcere. “Eroe” di Silvio&Marcello. Perché in prigione “non ha detto quel che volevano fargli dire contro Berlusconi e Dell’Utri”. Ma un mafioso conclamato, vero o non che potesse accusare i due, è vincolato all’omertà. Cosa c’è di eroico nell’aver rispettato il codice mafioso, avesse o meno qualcosa da dire?

“Eroe”, dunque. Dell’omertà. Elevata a valore civile. Da offrire come modello ed esempio agli italiani.  Hanno un bel gridare, i giovani del Pdl a Palermo: “Gli eroi sono solo Falcone e Borsellino”. Il senatore Dell’Utri è perentorio fino alla sfrontatezza. Inevitabile ricordare Brecht: “Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”. Per ipotizzare che “eroi” come Mangano forse non rientravano fra quelli evocati. E’ ben vero che ogni epoca o uomo sceglie gli eroi che si merita. Vale per Dell’Utri. Vale ancor più per Berlusconi. A futura memoria, intrigante il commento di Massimo Ciancimino, che non è farina per ostie ma di rituali mafiosi si intende fin da quando era in fasce, in braccio al padre: “La frase di Dell’Utri su Mangano è un segnale ai boss di Cosa nostra. Un messaggio rassicurante che ha voluto mandare al popolo di Cosa nostra che si trova in carcere e non parla. Dice Dell’Utri: siete dei martiri”.

Questa vicenda è di per sé inaudita. C’è un senatore della Repubblica processato e condannato due volte per connivenza esterna di  vent’anni con la mafia. Ma diventa agghiacciante e allarmante per il seguito. Perché parte del suo partito festeggia solo la parte assolutoria della sentenza. Ignorando – come ha fatto il Tg1 dell’inesorabile Minzolini, quasi un bis del Mills “assolto” – l’enormità di una condanna reiterata a sette anni. Manca la Cassazione, è vero. Ma oggi c’è una patente rinnovata di colluso con Cosa nostra. Si può festeggiare? Totò Cuffaro, condannato a sei anni (in appello il Pg ne ha chiesto dieci), non ha affatto gioito. Si è dovuto dimettere da presidente della Regione, dov’era stato rieletto a furor di popolo: ma poi “nominato” deputato dall’Udc.

E Dell’Utri che fa? Riflette almeno sull’ipotesi di lasciare il Senato. Di togliere il disturbo dopo la mazzata dell’appello? Neanche lo sfiora l’idea. Hic manebo optime. Non solo. Giudica, deride e spregia i giudici. Rilancia l’”eroe” Mangano. Perché non “santo subito”? C’è una tracotanza che dovrebbe far tremare tutti. Ma è giustificata. Dalla certezza dell’impunità. Dalla delegittimazione delle sentenze e dei magistrati: ossessivamente definititi “metastasi” dall’oncologico Cavaliere. Dalla sicurezza che per prescrizione o altro, lui  – come sovrastanti eccellenti- è legibus solutus: al di là e al di sopra della giustizia. Questa è l’educazione alla legalità che si propone a un’Italia marcia di corruzione e malavitosità ai piani alti e altissimi. Un fulgido esempio inflitto agli onesti .

C’è solo da disperare di questa Repubblica. Di un governo che nomina ministro – con atto mirato e inverecondo – un personaggio già finito in galera solo per consentirgli di sfuggire a un processo “per legittimo impedimento”. Anche il giornale dei vescovi e Famiglia cristiana chiedono con forza le dimissioni di Aldo Brancher. Che resta al suo posto: torre che non crolla dell’empireo berlusconiano.Come il Cosentino viceministro all’economia: colpito da mandato di cattura confermato dalla Cassazione. Come tanti altri che in qualque parte dell’Occidente sarebbero in galera o espulsi da ogni sede pubblica.

Beppe Pisanu anche lui “toga rossa? Si può pensare, sperare sarebbe davvero troppo, che non tutto sia perduto. Perché Beppe Pisanu, presidente della commissione antimafia, ex capogruppo di Forza Italia ed ex ministro degli interni, ha presentato la sua relazione rilanciando in termini fortissimi e argomentati il “teorema” di cui Dell’Utri e parte del Pdl avevano poche ore prima annunciato la liquidazione. “E’ ragionevole ipotizzare che nella stagione dei grandi delitti e delle stragi si sia verificata una convergenza di interessi tra Cosa nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica”. Pisanu scrive nella sua relazione: «Anche la semplice narrazione dei fatti induce a ritenere che vi furono interventi esterni alla mafia nella programmazione ed esecuzione delle stragi. Fin dall’agosto del ‘93 un rapporto della Dia aveva intravisto e descritto un’aggregazione di tipo orizzontale, in cui rientravano, oltre alla mafia, talune logge massoniche di Palermo e Trapani, gruppi eversivi di destra, funzionari infedeli dello Stato e amministratori corrotti. Sulla stessa linea, pur restringendo il campo, il procuratore di Caltanissetta Lari ha sostenuto recentemente che Cosa Nostra non è stata eterodiretta da entità altre, ma che al tavolo delle decisioni si siano trovati, accanto ai mafiosi, soggetti deviati dell’apparato istituzionale che hanno tradito lo Stato con lo scopo di destabilizzare il Paese mettendo a disposizione un know-how  strategico e militare». A luglio lo stesso procuratore – spiega Pisanu – aveva anticipato che, dopo le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, «le investigazioni hanno lasciato la pista puramente mafiosa e puntano a scoprire un patto fra i boss di Cosa Nostra e servizi segreti». «Probabilmente Provenzano fu insieme a Ciancimino tra i protagonisti di trattative del genere, mentre Riina ne fu, almeno in parte, la posta. Trattative complesse e a tutt’oggi oscure, nelle quali entrarono a vario titolo, per convergenza di interessi, soggetti diversi, ma tutti dotati di un concreto potere contrattuale da mettere sul piatto. Altrimenti Cosa Nostra li avrebbe rifiutati».

Quando Ciampi ebbe paura del colpo di Stato. Alle spalle delle stragi – afferma Pisanu – si mosse «un groviglio tra mafia, politica, grandi affari, gruppi eversivi e pezzi deviati dello Stato. La spaventosa sequenza del ‘92-’93 ubbidì a una strategia di stampo mafioso e terroristico, ma produsse effetti divergenti». Da un lato ci fu il senso di «smarrimento politico-istituzionale che fece temere al presidente del Consiglio di allora l’imminenza di un colpo di Stato». Dall’altro determinò «un tale innalzamento delle misure repressive che indusse Cosa Nostra a rivedere le proprie scelte e prendere la strada dell’inabissamento. Nello spazio di questa divergenza si aggroviglia quell’intreccio che più volte abbiamo visto riemergere dalle viscere del Paese». Pisanu conclude: «Di fronte a eventi terribili si giustappongono senza mai fondersi tre verità, quella giudiziaria, quella politica e quella storica, che si basano su metodi di ricerca e su fonti diverse con la conseguenza di dare luogo a risultati parziali e insoddisfacenti. La verità politica interessa tutti noi per cercare di spiegare ai nostri elettori quale pericolo ha corso la democrazia in quel biennio e come si è riuscito a evitarlo».

E’ un documento impressionante. Dovrebbe raggelare quanti hanno celebrato come una vittoria la sentenza di Palermo. Perché Pisanu non è una toga rossa, né un eversore infiltrato nelle istituzioni. Ha riaperto la partita sul “teorema”. Sul piano giudiziario, tre Procure siciliane e quella di Firenze lo indagavano e continueranno a farlo. Su quello politico non si potrà ignorare questa dirompente novità. Ma forze sempre potentissime saranno ancora al lavoro per insabbiare, rimuovere, cancellare. La sconfitta dellla democrazia, insieme a quella della verità, non è affatto scongiurata. (Giorgio Melis)

Il cielo

30 gennaio 2010 alle 13:44 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

Di giorno è azzurro, di notte è blu ci abitano: Il sole, la luna, le nuvole e le stelle.
Quando è felice e allegro, il sole emana caldi raggi e li fa arrivare a noi.
Quando però è imbronciato, pioggia a catinelle!
Le nuvole piangono. Ogni tanto fa cadere una stella, esprime un desiderio il fortunato che la vede!
Agli innamorati dona lo spettacolo di tutte le stelle.
Ai bambini……la luna che racconta le storie per farli addormentare.
E’ il cielo a noi caro, c’ha donato: Gioia, amore e speranza….è lui l’unica via che conduce al Paradiso, è lui l’unico nonno che non muore mai. MAVI

Cogito ergo sum

27 gennaio 2010 alle 08:33 | Pubblicato su Attualità, Cultura | 3 commenti

Avevo abbandonato questo blog e non so neanch’io il perchè. Le oltre 50 mila pagine visitate ( molte durante la mia “assenza”)  mi hanno fatto riflettere a lungo. Da oggi in avanti cercherò di aggiornarlo “Pollakis”. Questo è il mio diario, la mia valvola di sfogo; lo strumento per sentimi vivo dentro. “Cogito ergo sum” diceva Cartesio: “Penso dunque sono”. E i miei pensieri, così come  il mio grande padre spirituale  Josè Saramago asserisce “sulle parole”, sono l’unica cosa immortale. Su questo diario di bordo di un navigatore pensante che “la dritta via avea smarrita, renderò, a modo mio, l’ immortalità ai  miei pensieri; per cercare di dare un senso alla vita. Alla mia esistenza che in questo particolare momento, ha un retrogusto dal sapore agrodolce.

“Quel fastidioso crocefisso affisso sui muri”

28 novembre 2009 alle 09:15 | Pubblicato su Attualità | 2 commenti

 Ho letto con interesse il solito sermone e le solite pillole di saggezza e di verità assoluta di un nostro concittadino filosofo che critica la scelta dell’UDC Casaranese, del quale mi onoro farne parte, pur essendo il mio intervento a titolo personale, di voler difendere, con una raccolta di firme, le nostre radici Cristiane da questa ventata di revanscismo mistico, becero aggiungerei io, volto a sovvertire la nostra cultura europea che affonda le sue radici nel cattolicesimo e nel cristianesimo e respingere al mittente questo fervore di laicismo marxista sempre in auge in alcuni ambienti della socialdemocrazia europea. Non è mia abitudine sciorinare saccenti frasi di questo o di quel famoso personaggio ma a questo punto non posso non citare al nostro caro concittadino filosofo un suo collega, inglese d’adozione ma austriaco di nascita, tale Karl Popper, che disse: “tutta la conoscenza umana rimane fallibile, congetturale. Non esiste nessuna giustificazione, o verificazione. Compresa, beninteso, nessuna giustificazione, o verificazione definitiva di una confutazione.” Questo per far capire che la verità assoluta non alberga nelle tasche di nessuno, così come le mele marce non si trovano solo a sinistra, a destra o al centro, ma sono ovunque. Non capisco quindi le analogie tra un’iniziativa che vuole sovvertire questa tendenza tutta europea di abiura religiosa e culturale, con alcuni personaggi che hanno problemi con la giustizia e nulla hanno a che vedere con la questione. Sembrerà retorica o dietrologia ma che dire allora di chi ha procurato milioni di morti in nome del comunismo del quale il signor Bastianutti ne incarna gli ideali. Partendo da Stalin a Mao Tze Dong, ai kmer rossi di Pol Pot, alla Romania di Ciausescu, all’Albania di Henver Oxa, alla Jugoslavia di Tito e potrei continuare all’infinito. Uno che si dichiara comunista non può farmi la morale! Non sono un filoso ma la storia la conosco e so bene , in nome della Chiesa di Roma, quali nefandezze siano state perpetrate in mezzo mondo con le famose spedizioni evangeliche meglio conosciute come crociate. Ma tutto questo non ha a che fare con il crocefisso. Eppoi, secondo me, il crocefisso non può dar fastidio a nessuno; persino ai musulmani credo non dia fastidio, giacché anche nel Corano si parla di Gesù come un “profeta”. L’altra verità storica è che, a parte l’iconografia religiosa buddista, non c’è alcuna religione diffusa al mondo, men che meno quella musulmana, che rappresenta il proprio Dio, i propri martiri, per dirla volgarmente i propri “rappresentanti”. Infatti non vi è alcuna effige di Allah o di Maometto, poiché la religione musulmana vieta qualsiasi tipo di trasfigurazione religiosa delle sue divinità! Allora perché noi cattolici dovremmo privarci delle nostre usanze e delle nostre radici, in casa nostra! A prescindere se siamo cattolici praticanti oppure no, come il sottoscritto.

Sugli usi e sui costumi degli elettori.

1 Maggio 2009 alle 09:01 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

26052009104A differenza delle passate elezioni amministrative del 2004, quest’anno il numero di candidati alla carica di primo cittadino è sceso da 7 a 4. Ma non è diminuito quello delle liste. Facendo un piccolo calcolo matematico, se l’elettorato si dovesse dividere equamente, ad ogni candidato consigliere toccherebbero all’incirca 40 voti.

In alcuni casi c’è la concreta possibilità di ritrovarsi con più concorrenti al seggio in un unico nucleo familiare, il che la dice lunga sul fattore di “rischio debacle” che ci si assume nel candidarsi. Qual è la differenza tra chi riesce a catalizzare su di se il consenso ed attrarre voti e chi invece, pur lavorando a rotta di collo, non riesce a raggiungere risultati soddisfacenti? La captatio benevolentiae?  Il programma elettorale?  La simpatia?

La maturità di un elettore si manifesta anche attraverso questa sorta di termometro del consenso. Ora non voglio assolutamente trasmettere il mio personale spot elettorale sfruttando la cassa di risonanza mediatica del web; anche se taluni personaggi noti o poco noti non perdono tempo ad auto celebrarsi sui siti locali.

Il mio discorso invece va oltre l’autoreferenzialità. E’ neutrale, volto soprattutto ad analizzare la questione come fenomeno sociale e di costume.

Esaminiamo il profilo medio del candidato consigliere comunale: Molto probabilmente nell’esercito dei concorrenti di  quest’ anno non mancheranno: casalinghe, operai, cassintegrati, medici, liberi professionisti, commercianti, disoccupati, insegnanti, infermieri ecc.ecc.

Quali sono gli argomenti di persuasione che uno come me dovrebbe adottare per convincere un amico o un conoscente a votarmi? Personalmente ho la convinzione che, in un’ottica locale dove i partiti contano poco o nulla, alla base del consenso ci debba essere l’affidabilità del candidato Sindaco e la validità del programma di governo cittadino proposto al potenziale elettore.

A questi requisiti basilari di buon governo, l’auspicio è di scongiurare e vigilare affinché non si costituiscano, come spesso succede, delle vere e proprie lobby che hanno prodotto il sistema clientelare; ahimé un vecchio e intramontabile vizio (o vezzo) della politica.

Non credo ci sia un solo elettore contento del fatto che spesso si manifestano fenomeni di politica clientelare all’interno di un’amministrazione pubblica. Tuttavia succede che nel momento in cui ci si presenta per chiedere il consenso, senza batter ciglio come contropartita l’elettore medio esige il favore oppure addirittura il posto di lavoro, visti i tempi che corrono.

Ecco spiegato come, con tutti i buoni propositi e con tutta la buona volontà, passa in secondo ordine il programma di governo cittadino e prende forma il vecchio e sempiterno voto di scambio.

In pratica, quella politica clientelare che gli elettori scongiurano , riemerge in quel frangente a farci capire come si predica bene e si razzola male.

Quindi, al termine della mia onesta campagna elettorale combattuta da “homo novus” e da impiegato precario che non può promettere favori né tanto meno posti di lavoro, perché c’è già il tuo a rischio, ci si rende conto di quanto è difficile estirpare questa brutta abitudine.

Intanto hai portato a casa solo una manciata di voti, mentre i vecchi marpioni della politica, quelli che per mestiere hanno sempre dispensato favori a destra e a manca, riescono a superare abbondantemente le tre cifre.

Cosa auspicare allora per le elezioni che si svolgeranno fra poco più di un mese?

Il mio invito personale, spero condivisibile da molti, è di dimostrare finalmente il grado di maturità sia del candidato consigliere che del possibile sostenitore, poiché siamo chiamati ad una scelta importante: Il governo cittadino dei prossimi cinque anni.

Votate il vostro candidato consigliere e il futuro primo cittadino per convinzione di programma, per ciò che si dovrà realizzare nei prossimi cinque o addirittura dieci anni.

Il candidato consigliere avrà l’onere e l’onore di vigilare sull’operato della giunta, affinché le promesse fatte in campagna elettorale non vengano disattese. Al sostenitore dico. Non chiedere favori personali in cambio del voto!

Quando riusciremo a darci un codice deontologico e a metabolizzare queste elementari pillole di democrazia che tuttavia concettualmente sembrano lontane anni luce o addirittura utopistiche, potremmo dire di aver raggiunto la giusta maturità di elettori che credono in un progetto e sperano nella rinascita di una città ormai alla frutta.

Il “Signor” Mc Cain e la lezione di Democrazia

5 novembre 2008 alle 15:10 | Pubblicato su Attualità | 2 commenti

barack-mccainChe Barak Obama sarebbe stato eletto il 44° presidente degli Stati Uniti d’America in linea di massima   lo si sapeva già da qualche mese. Certo nessuno avrebbe immaginato una vittoria ampissima, aldilà di ogni più rosea aspettativa. Resterà senz’altro nella storia mondiale che un afro-americano sia potuto diventare Presidente della più grande potenza economica del mondo. Ciò che personalmente mi ha impressionato, in senso positivo, non è stato tanto la questione legata al colore della pelle o alle umili origini del neo presidente Usa, quanto il discorso fatto dal grande sconfitto di turno. Di quello che io chiamerei  l’Agnello sacrificale dei repubblicani. Quel Mc Cain al quale era stato affidato l’arduo compito di cancellare dalla memoria dell’elettorato americano otto anni di disastri commessi dall’amministrazione Bush. Non ci è riuscito per ovvi motivi e di questo non bisogna darne alcuna colpa personale. Tuttavia si è dimostrato un vero leader nel momento in cui, davanti alla palese sconfitta  ed in largo anticipo rispetto ai risultati ufficiali, rivolgendosi agli elettori in lacrime, li invitava a riconoscere, senza nessun veto o remora, Barak Obama come il loro presidente. «Obama è il mio presidente» ha aggiunto l’ex eroe di guerra John Mc Cain. Una lezione di stile da prendere ad esempio, soprattutto da parte di noi italiani che ci comportiamo diversamente rispetto agli americani. Difficilmente sentiremo dire “Tizio o Caio è il mio presidente del consiglio”. Ve lo immaginate un Berlusconi od un Veltroni che dicono queste parole dopo una sconfitta? Beh, sicuramente non è tutto oro quello che luccica nella giovane democrazia americana, piena di contraddizioni e di disuguaglianze sociali. Certamente da questo punto di vista non gli si può rimproverare nulla e constatare di come il sistema elettorale statunitense metta al riparo il popolo da chiunque pensa di diventare Presidente vita natural durante. Quattro anni di mandato con la possibilità di essere riconfermati, ma non più di otto anni  e poi “Go Home”! Chissà se in Italia un giorno i nostri politici riusciranno a metabolizzare questa lezione di stile e di democrazia “made in USA”.

«In un paese dove Vespa passa per giornalista, io sono un’anomalia»

23 settembre 2008 alle 16:13 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

 

Travaglio, le sue non sono interviste, ma interrogatori.

 

«In un Paese dove Vespa passa per giornalista, chi fa domande è un’anomalia. In Italia la realtà è così drammatica che se racconti i fatti passi per fazioso: ma sono i fatti a essere faziosi. All’estero Vespa neanche lavorerebbe. Qui il massimo dissenso tollerato è il chiacchiericcio, la battutina alla Mentana. Santoro e io facciamo nomi e cognomi. E il potere ci odia».

 

Per Lerner, volete solo dimostrare che «ce l’avete più lungo».

 

«Noi ce l’abbiamo normale, sembra lungo perché gli altri ce l’hanno troppo corto. Mi spiace che a dire questo sia Gad, il migliore dopo Santoro. Ancora rivendica di avere rifiutato l’ultima vera intervista a Borsellino, nella quale – due giorni prima di Capaci – parlava di indagini sui rapporti tra Mangano, Dell’Utri e Berlusconi. Comunque, in un Paese decente, i tre tg nazionali sarebbero diretti da Lerner, Santoro e Feltri».

 

Feltri?

 

«Il fuoriclasse del giornalismo di centro-destra. Neanche difficile, ci sono solo lui e Belpietro. Con il centrosinistra al governo, un tg di Feltri lo guarderei: gli farebbe le pulci».

 

Chi va in tivù certo di avere la verità in tasca risulta antipatico.

 

«Lo dice Costanzo. Non mi sono mai posto il problema della simpatia, mi interessa che ciò che dico sia vero. Costanzo non l’ho mai capito. Appena lo nomini, la gente sbianca: ha un potere enorme, nella P2 era “maestro” e Berlusconi “apprendista muratore”. Però Costanzo ha anche rischiato la pelle per la mafia. L’attentato fu legato anche al suo “no” alla nascita di Forza Italia, ne sono convinto, ma capisco che lui non abbia voluto inoltrarsi su questo terreno».

 

Non è una tesi da nulla.

 

«Ho letto qualche tonnellata di atti giudiziari sulle stragi del ‘93. Servivano a “destabilizzare per stabilizzare”, a sollecitare la nascita di nuove forze politiche gradite alla mafia. In quei mesi Dell’Utri stava inventando Forza Italia, in stretto contatto con Mangano».

 

Cambiamo argomento. Ormai lei è il giornalista di riferimento della satira.

 

«Grillo è un comico straordinario, ma ormai fa politica dall’esterno. Sabina Guzzanti ha uno spirito civico formidabile. Luttazzi è un genio e un purista. La sua scelta, opposta a Beppe e diversa da Sabina, è di essere soltanto un satirico. Non partecipa a eventi politici per non alimentare confusioni. Tutti e tre non mediano, dicono tutto. Come se l’Italia fosse davvero una democrazia».

 

Grillo preferisce i nemici veri agli amici finti. È lo stesso per lei e Santoro?

 

«Michele ha capito troppo tardi chi sono i burocrati della sinistra. Così ha prestato la sua faccia a chi non lo meritava al Parlamento europeo, permettendo ai D’Alema di sventolare fintamente la bandiera della libertà. Per me è diverso, ho sempre ritenuto i gerarchi comunisti il peggio del peggio. Poi è arrivato Berlusconi e mi ha costretto a mutare le gerarchie. Il centro-sinistra non fa paura: fa ridere. Vuole quello che vuole Berlusconi, ma non sa realizzarlo: lui sì».

 

Oggi è dipietrista?

 

«Per colpa del “cainano” Berlusconi e dei suoi alleati, non posso votare destra. Mi accontento di votare l’unico antiberlusconiano vero, Di Pietro».

Quante querele ha collezionato?

 

«Le querele per diffamazione non fanno paura: a 44 anni sono ancora incensurato. Ma Berlusconi e i suoi fanno cause civili, vogliono soldi, puntano a rovinarti. Ho deciso di ripagarli della stessa moneta: chi mi diffama lo porto in tribunale».

 

Per Vespa è impensabile che uno come lei stia in Rai.

 

«Premesso che io faccio cinque minuti alla settimana e lui otto ore, Vespa ha ragione: se il giornalista tipo in Rai è lui, io sono incompatibile. Berlusconi non mi chiamerebbe mai “dottor Fede”. Vespa ha una strana concezione di servizio pubblico: fino al ‘93 si vantava di avere come editore di riferimento la Dc, ora serve i partiti che contano. Se Santoro viene da “Servire il popolo”, Vespa è di “Servire il popolo delle libertà”. Berlusconi ha il 60 per cento di consensi, ma da lui fa solo un milione di spettatori: appena la gente vede Vespa, scappa. Ha detto che la colpa è di King Kong: “Berlusconi contro King Kong” è come Totò contro Maciste, con tutto il rispetto per Totò».

 

Floris, almeno, le piacerà.

 

«È il “Vespino de sinistra”. Il Vespa di nuova generazione. Il Vespa restyling».

 

Ha mai pensato che lei convince i già convinti?

 

«Il mio scopo è informare, non far vincere il centro-sinistra. Mi rispettano anche gli elettori di Lega e An. Magari mi maledicono, ma mi rispettano. Quando spieghi il tema giustizia, capiscono che la sicurezza di Berlusconi è inversamente proporzionale alla loro».

 

E gli elettori di Forza Italia?

 

«Non ne vogliono sapere. Loro Berlusconi se lo meritano. Noi, un po’ meno».

 

(Intervista di Andrea Scanzi a Marco Travaglio –  La Stampa – 22/09/08)

Un paese allo (S)fascio

13 settembre 2008 alle 14:44 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

Famiglia cristiana ha parlato di “rigurgiti fascisti”, io direi che si tratta di veri e propri “erutti”, altrochè! La ministra dell’istruzione Gelmini viene democraticamente “contestata” durante la presentazione di un libro in un liceo di Roma. Degli agenti in borghese intervengono e “schedano” i contestatori come se si trattasse di delinquenti comuni. Invece sono insegnanti precari! Un’altra donna al governo, la Carfagna, ha deciso di fare la lotta ai clienti delle prostitute: 500 euro di multa ed il rischio dell’arresto. Questo sarà il prezzo da pagare (oltre alla “prestazione professionale”) per una scappatella. Ma il fatto più grave che ho sentito in questi giorni riguarda Sabina Guzzanti. Infatti l’hanno accusata di violazione del “trattato del laterano” e rischia 5 anni di galera per aver fatto della satira sul “Pastore tedesco”, alias Papa Ratzinger. Per i poco informati il trattato del laterano, sancito nel 1929 dal segretario di stato vaticano, cardinale Pietro Gasparri e dal capo del governo italiano, il dittatore Benito Mussolini, all’art.8 stabiliva che l’offesa al Papa “persona sacra ed inviolabile”  è punibile allo stesso modo dell’offesa al capo dello stato. Ecco perché si tratta di veri e propri “erutti” e non di “rigurgiti”. Ricapitolando: non si può contestare civilmente un ministro, non si può fare della satira sul papa, tanto meno sullo psiconano, sappiamo tutti come va a finire! Galera per chi avvicina una prostituta; esercito nei centri cittadini per combattere i clandestini; carceri all’interno degli stadi ( l’ultima esternazione demenzial-popolare fatta da Matarrese). Mancano all’appello la reintroduzione delle leggi razziali e magari il confino per i dissidenti. E poi saremmo al completo!

 

«fascisti su marte» di Corrado Guzzanti

 

Viva le olimpiadi!

21 agosto 2008 alle 09:47 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

Non c’è proprio pace per queste olimpiadi di Pechino. All’inizio della manifestazione è la grave crisi scoppiata in Ossezia, tra Russia e Georgia a tenere in apprensione il globo intero. Intanto quel mattacchione di Putin non ha perso tempo ad ordinare il fuoco contro i “fratelli” georgiani, un tempo non molto lontano parte integrante dell’impero sovietico. D’altronde si sapeva già che la diplomazia non è il suo forte, meglio usare le armi altrimenti si arrugginiscono. La situazione non si è ancora ristabilita, ma qualche firma è stata apposta sui trattati di pace. Quando tutto stava quasi ritornando nella normalità, un’altra tragedia scuote il mondo intero. Il terribile incidente all’aeroporto  di Madrid  dove per un incendio in fase di decollo, accorso ad un velivolo dell’Alliberian, sono morte 153 persone; un numero che purtroppo è destinato a salire. Come se non bastasse “al danno si aggiunge la beffa”. Infatti il comitato olimpico internazionale (CIO) ha respinto la richiesta della delegazione spagnola, che voleva ricordare le vittime dell’incidente issando la bandiera a mezz’asta. Neanche il lutto al braccio è stato accettato. C’è chi ha deciso che a questo disastro non andava dedicato neanche uno di quei gesti che sono soliti in certe circostanze, come se nulla fosse successo. Le olimpiadi sono anche queste!

Pechino 2008: L’oro olimpico di Valentina Vezzali

 
 

 

San Renatino della Magliana

29 giugno 2008 alle 16:37 | Pubblicato su Attualità | 2 commenti

Torna alla ribalta il caso di Emanuela Orlandi, la ragazza rapita 25 anni fa a Roma , figlia di un funzionario del Vaticano. A far riaprire il caso, tutt’altro che risolto a distanza di tanto tempo, sono state le rivelazioni di Sabrina Minardi, ex compagna di uno dei capi della banda della Magliana: tale Enrico de Pedis detto “Renatino”. Secondo quanto emerso (ma non confermato) in questi giorni, la banda, all’epoca dei fatti, avrebbe consegnato del denaro al faccendiere Calvi che a sua volta lo rigirò al Vaticano sotto forma di “prestito” (si parla di svariati miliardi di lire). Sembra che il denaro non sia mai stato restituito e per questo “sgarro”, il De Pedis avrebbe ordinato il sequestro della ragazza, forse per usarla come “merce di scambio” per riavere indietro il “maltolto”. Posto che quest’ultima circostanza sia una leggenda metropolitana dell’ultima ora, perché non ci sono prove che confermano questa tesi, anzi ci potrebbe essere la concreta possibilità che il Vaticano non ne sappia nulla sul rapimento e la morte di Emanuela Orlandi, la riflessione è un’altra: Come mai il cardinale vicario Ugo Poletti autorizzò la sepoltura di “Renatino” De Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare? Per questo forse il Vaticano dovrebbe avere l’obbligo morale di dare una spiegazione. Forse la risposta è che il De Pedis era un Santo e non un bandito.

Una Chiesa che scambia il sacro con il profano

13 gennaio 2008 alle 18:58 | Pubblicato su Attualità | 1 commento

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di Eugenio Scalfari  da Repubblica.it


E’ durato ventiquattr’ore il gelo tra Vaticano e Campidoglio, tra il Papa e il sindaco di Roma. Poi c’è stata la marcia indietro guidata dal cardinal Bertone, Segretario di Stato, e Roma da città in “gravissimo degrado” come aveva affermato Benedetto XVI di fronte a Veltroni, Marrazzo e Gasbarra allibiti di tanta inattesa severità, è diventata di colpo una “città godibile e accogliente” e le istituzioni locali “alacremente impegnate a migliorare la socievolezza e il benessere diffuso”.
Le due diplomazie parallele hanno lavorato sotto traccia senza risparmiarsi, ottenendo infine il risultato desiderato da entrambe (quella di Veltroni e quella di Bertone): correggere la “gaffe” di papa Ratzinger, ristabilire rapporti amichevolmente corretti tra le due sponde del Tevere, mettere allo scoperto l’ultimo colpo di coda di Ruini, autore del dossier cui si era ispirato il Papa per la sua improvvida sortita. Ruini sta facendo i bagagli, tra poco lascerà il Vicariato (per limiti d’età).
Al suo posto andrà il prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica, candidato del Segretario di Stato. Quanto all’assalto antiveltroniano scaturito dopo l’intervento papale dell’altro giorno, la correzione effettuata dal cardinale Segretario di Stato ha avuto l’effetto di un “boomerang”: per l’ennesima volta gli statisti del centrodestra – con la sola eccezione di Casini – si sono esposti con strepiti e sceneggiate clericaloidi per poi trovarsi spiazzati e beffati. Una vittoria non trascurabile per Veltroni, derivante da un appuntamento che in condizioni diverse avrebbe avuto dai “media” l’attenzione di poche righe e che si è invece trasformato in una prova di forza del sindaco di Roma e leader del Partito democratico. Tutto è bene quel che finisce bene, ma è proprio così? Dipende dai punti di vista. Per i laici-laici (adesso si usa definirli così) restano molti punti interrogativi dopo questa vicenda, ma problemi ancora maggiori si pongono al laicato cattolico. Non che siano nati dalla “gaffe” di Benedetto XVI; esistono da molto tempo e precedono di anni l’incoronazione dell’attuale pontefice. Ma quest’ultima sua sortita ha avuto l’effetto di riproporli tutti, insoluti e sempre più urticanti. Al di là della palese inconsistenza politica e culturale di papa Ratzinger, che da Ratisbona in qua si comporta come un allievo di questo o quel dignitario della sua corte spostando la barra del timone secondo i suggerimenti che gli vengono da chi di volta in volta lo consiglia, esiste più che mai un disagio profondo nella Chiesa e nel laicato cattolico. La Chiesa di Benedetto XVI, ma anche quella di Giovanni Paolo II, non riesce ad entrare in sintonia con la cultura moderna e con la moderna società. Questo è il vero tema che dovrebbero porsi tutti coloro che si occupano dei rapporti tra la società ecclesiale e la società civile all’inizio del XXI secolo. La gerarchia ecclesiastica e quello che pomposamente viene definito il Magistero si sono da tempo e sempre più trasformati in una “lobby” che chiede e promette favori e benefici, quanto di più lontano e disdicevole dall’attività pastorale e dall’approfondimento culturale. Il “popolo di Dio” soffre di questa trasformazione; i laici non trovano terreno adatto al dialogo se non sul piano miserevole di comportarsi anch’essi come una confraternita pronta a compromessi e patteggiamenti. Quando un Papa arriva al punto di bacchettare un sindaco di Roma e un presidente di Regione e reclama maggiori aiuti finanziari per il Gemelli e il Gesù Bambino e per le scuole cattoliche; quando il Vicariato di Roma e il vertice della Conferenza episcopale intervengono direttamente sui membri del Parlamento e del Consiglio comunale romano per bloccare una legge o mandarne avanti un’altra; quando questa prassi va avanti da anni di fronte a problemi mondiali che chiamano in causa civiltà e culture, bisogna pur dire che siamo in presenza di spettacoli desolanti. Aggiungo che si tratta di responsabilità condivise. La gerarchia cattolica baratta da anni (o da secoli?) il sacro con il profano; le istituzioni politiche l’accompagnano su questa strada di compromessi al ribasso per cavarne improbabili tornaconti elettorali; lo stuolo sempre più vociante degli atei devoti affianca o precede il corteo. Verrebbe spontaneo di voltar la faccia dall’altra parte per non vedere. Veltroni ha fatto bene a protestare sottotraccia e portare a casa la vistosa correzione di rotta vaticana. Zapatero, in una situazione per molti versi analoga, ha scelto una strada diversa. L’Episcopato spagnolo guidato dal primate vescovo di Madrid aveva pochi giorni fa portato in piazza un milione di fedeli per protestare contro la legge sul matrimonio dei “gay”; la vicepresidente del governo, signora Fernandez de la Vega, ha ufficialmente commentato quella manifestazione con queste parole: “La società spagnola non è disposta a tornare ai tempi in cui una morale unica era imposta a tutto il Paese né ha bisogno di tutele morali. Tanto meno ne ha bisogno il governo che non le accetta”. Capisco che Madrid non è Roma e il vescovo di Madrid non è il Papa. Ma la Chiesa è la stessa in Spagna come in Italia. I laici-laici italiani avrebbero probabilmente preferito che la protesta del leader del partito democratico fosse stata simile a quella del suo collega spagnolo, ma in Italia non si può. L’Italia è una provincia papalina, Porta Pia è una data caduta in disuso, il Concordato fu voluto e firmato da un altro ateo devoto come Benito Mussolini e inserito nella Costituzione con il voto determinante di un altro ateo come Togliatti per ragioni esclusivamente politiche. In Italia ci sono oggi due minoranze, quelle dei cattolici autentici e quella degli autentici laici. In mezzo c’è un corpaccione di laici e di cattolici “dimezzati”, che ostentano virtù civiche e religiose che non praticano affatto. Quella è la maggioranza del paese. Il resto viene da sé. Il guaio è che la gerarchia ecclesiastica e il Magistero non sono affatto turbati da questa situazione paganeggiante. La loro preoccupazione è l’otto per mille, i contributi pubblici agli oratori, la costruzione di nuove chiese e parrocchie, l’esenzione dall’Ici, l’insegnamento del catechismo nella scuola pubblica, il  finanziamento quella privata. E naturalmente la crociata antiabortista, la moratoria. A loro interessa non già di usare lo spazio pubblico per propagandare la dottrina e il Vangelo ma entrare nelle istituzioni politiche per guidare il voto dei parlamentari e condizionare i partiti. L’attuale Segretario di Stato, che rimpiange il Togliatti dell’articolo 7 della Costituzione, è comunque un progresso rispetto al suo predecessore, cardinal Sodano che, alla vigilia di ogni elezione, esaminava i leader dei vari partiti per vedere chi offriva maggiori garanzie alla Santa Sede. E quelli si facevano esaminare, felici quando il “master” toccava ad uno di loro invece che all’altro. Serve a qualche cosa una Chiesa così? Fa barriera contro le invasioni barbariche del terzo millennio o invece apre loro la porta? Risponderò con una citazione quanto mai attuale: “La Chiesa sembra porsi di fronte allo Stato e alle forze politiche italiane come un altro Stato e un’altra forza politica; l’immagine stessa della Chiesa risulta appiattita sulle logiche dello scambio, impoverita di ogni slancio profetico, lontana dal compito di offrire ad una società inquieta e per tanti aspetti lacerata motivi di fiducia, di speranza, di coesione. Le responsabilità del laicato cattolico sono del tutto ignorate. La sorpresa e il disorientamento sono forti per tutti i cattolici che hanno assorbito la lezione del Concilio Vaticano II su una Chiesa popolo di Dio nella quale il ruolo della gerarchia non cancella ma anzi è al servizio di un laicato che ha proprie e specifiche responsabilità. Tra queste vi è proprio quella di tradurre nel concreto della vita politica e della legislazione di uno Stato democratico esigenze e valori di cui la coscienza cattolica è portatrice. E’ legittimo e doveroso per tutti i cittadini, e perciò anche per i cattolici, contribuire a far sì che le leggi dello Stato siano ispirate ai propri convincimenti ma questo diritto dovere non è la stessa cosa che esigere una piena identità tra i propri valori e la legge. E’ in questa complessa dinamica che si esprime la responsabilità dei cattolici nella vita politica. Urgente si è fatta l’esigenza della formazione del laicato cattolico alle responsabilità della democrazia. Perché mai l’Italia e i cattolici italiani debbono sempre esser trattati come “il giardino della Chiesa”?”. L’autore di questa pagina è Pietro Scoppola e la data è del febbraio 2001, nel pieno d’una campagna elettorale che si concluse con la vittoria di Berlusconi e del suo cattolicesimo ateo e paganeggiante. Ma potrebbe essere stata scritta anche oggi con la stessa attualità. Purtroppo l’autore è scomparso, la sua voce non parla più e la perdita è stata grave per i laici ma soprattutto per i cattolici. Scoppola si rendeva conto che solo il dialogo tra la minoranza dei veri laici e la minoranza dei cattolici autentici avrebbe ridotto il peso di quell’indifferenziato corpaccione di finti devoti e di finti laici “appiattiti sullo scambio dei benefici e dei favori, impoveriti di slancio profetico e pastorale, dominati dalla gerarchia e dalle oligarchie”. Questo era il problema di allora ed è ancora quello di oggi. Di esso il Partito democratico, la sinistra radicale, i cattolici moderati, gli uomini e le donne di buona volontà, dovrebbero discutere; su di esso dovrebbero dialogare. La gerarchia occupi tutto lo spazio pubblico che vuole ma non interferisca nell’autonomia dei laici e delle istituzioni civili. I rappresentanti di queste ultime impediscano le interferenze anziché assecondarle o nel caso migliore tollerarle fingendo che non vi siano state. Queste finzioni non fanno bene né alla Chiesa popolo di Dio né alla democrazia.

bisb..ETICA PROFESSIONALE?

11 gennaio 2008 alle 19:21 | Pubblicato su Attualità | 2 commenti

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Ieri 10 gennaio su un quotidiano a diffusione regionale, a firma di uno pseudo giornalista del quale metterò solo  le iniziali P.M., è apparso un articolo riguardante la nazionale di pallamano. A leggere il contenuto  non si scorge nulla di strano. Peccato però che quell’articolo era stato già pubblicato due giorni prima (8 gennaio) e scritto da me per www.casaranosport.it con il quale collaboro da diverso tempo. Chi mi conosce sa benissimo che io scrivo solo per passione, sono un perfetto dilettante della penna. Essere copiati da chi invece scrive per mestiere mi sembra davvero assurdo. Ma questo signore è andato “oltre”: Ha pubblicato addirittura la stessa foto, neanche quella ha cambiato! Ha avuto la sfacciataggine di riportare frasi e concetti senza sostituire neanche una virgola. Insomma ha avuto la sfrontatezza di copiare alla lettera, non ha cercato neanche di camuffare in qualche modo il plagio. Per noi di casaranosport.it è comunque un motivo di orgoglio constatare che i nostri articoli vengono presi come esempio da parte di “quotidiani” locali di un certo livello. Non è la prima volta che prendono spunto da notizie che passano prima dal nostro sito. Prendiamo atto, ahimé, della pochezza intellettuale e professionale di alcuni sedicenti “giornalisti” che fanno informazione scopiazzando qua e la da chi invece scrive per hobby. Questa volta, anche se il plagio è lampante, abbiamo deciso di sorvolare, di chiudere un occhio. Anzi, per la verità, li abbiamo chiusi tutti e due. Non essendo ancora “testata giornalistica” vorremmo evitare di impelagarci in iniziative legali nei confronti di questo “furese” della carta stampata (con tutto il rispetto per la categoria dei furesi). Avrei voluto tanto scrivere una bella lettera pubblica di protesta, indirizzata al direttore del giornale. Forse lo farò in forma privata. Vedremo.

FINE ANNO CON IL BOTTO, ANZI…….CON LA “BOTTA”

19 dicembre 2007 alle 22:35 | Pubblicato su Attualità | 7 commenti

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Aprendo questa mattina i più rinomati quotidiani nazionali l’occhio è caduto immediatamente su una notizia che ha inorgoglito tutti gli italiani. L’iniziativa nostrana sulla moratoria internazionale contro la pena di morte, accolta dall’ONU, ha fatto il giro del mondo, occupando gli spazi di tabloid e riviste. C’è stato il plauso del Governo per quella che viene definita una «vittoria italiana»: Massimo D’alema, Ministro degli esteri, ha detto di essere contento per l’Italia; Prodi ha parlato di “orgoglio nazionale”. Peccato però che ad una notizia apparentemente positiva per la nazione, in quanto, ad onor del vero, l’abolizione della pena di morte non la vogliamo solo noi, c’è ne stata un’altra che ci ha fatto sprofondare nella dura realtà. Alcuni mezzi d’ informazione, questa mattina, hanno dato il triste annuncio che la Spagna, nostra partner europea, ci ha superato in ricchezza globale. Tradotto in termini più semplici vuol dire che dopo la Germania, la Francia e la Gran Bretagna non c’è più l’Italia come paese più ricco ed industrializzato d’Europa. A quanto sembra, siamo stati scavalcati al quarto posto dagli Iberici. Un quarto posto che storicamente tenevamo da dopo il boom economico degli anni sessanta e che abbiamo addirittura “rischiato” di migliorare negli anni ottanta a spese della Gran Bretagna. Purtroppo che avessimo toccato il fondo è sotto gli occhi di tutti; non vi erano dubbi visto e considerato l’andamento dell’economia italiana ormai esanime da anni. Ma la preoccupazione maggiore sta nel fatto che noi italiani non abbiamo solo toccato il fondo, ora stiamo anche scavando per andare sempre più giù! Ma forse non era il caso di infierire così brutalmente alla vigilia delle feste natalizie, poiché, si dice, a Natale bisogna essere più buoni. Quest’anno però noi Italiani oltre a sentirci più buoni, ci sentiamo, ahimé, anche più poveri. La mia proposta e quindi di riunirci in una “class action” spirituale e chiedere all’unisono al nostro buon Dio più che un dono natalizio, una scongiura: Quella di tenerci lontani dallo spettro di una non tanto remota crisi tipo “Argentina”,questa volta rigorosamente firmata “made in Italy”. Un felice e sereno Natale a tutti.

Pubblicato anche su: www.arcoiris.tv e http//citella.blogspot.com

 

 

Il “MULO” azzoppato

13 novembre 2007 alle 18:32 | Pubblicato su Attualità | 1 commento

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Quanti di voi a casa utilizzano i  programmi “pear to pear“? Risposta: tutti o quasi. Saremmo bugiardi se dicessimo di non farne uso. Sappiate, comunque, nel caso i vostri preferiti siano quelli basati sui server eDonkey , come eMule, che il consiglio degli addetti ai lavori è di non scaricare illegalmente da questi programmi.  Infatti è notizia di questi giorni che da qualche settimana i server collegati al “mulo” si sono ridotti al lumicino. Se ne contano  circa 38 e quasi tutti, se non tutti, monitorati dagli organi di controllo! (fino a pochi giorni fa ce n’erano centinaia, poi c’è stato il “fuggi fuggi” generale). Questa settimana partirebbero i primi accertamenti della GDF in tutta Italia, oltre alle 55 mila lettere di diffida già spedite! Le riviste specializzate, per prassi, consigliano vivamente di usare i programmi “P2P” solo per scaricare “file” non coperti dal copyright. Che tradotto significa “non potete scaricare nulla o quasi”. E’ strano comunque constatare che a volte sono le riviste stesse a tessere le lodi di questo oppure di quel programma come se fossero all’oscuro della finalità illegale che ne fanno la stragrande maggioranza degli utenti. Comunque tornando al nocciolo della questione, sembrerebbe che il motivo scatenante di siffatta orda di controlli non sia dovuto alle lamentele delle  major disco-cinematografiche, costantemente sul piede di guerra contro la pirateria informatica; piuttosto alla preoccupante crisi delle aziende europee produttrici di software. Molte di queste, trovandosi in difficoltà economiche per il calo delle vendite, sono state costrette a tagliare il personale. Solo in Europa, nel settore, si conta una perdita di circa 25.000 posti di lavoro! Che dire: il mio personale consiglio, credo condiviso da molti di voi,( il mio consiglio condiviso non è coperto da copyryght) è quello di servirsi legalmente dei programmi “pear to pear”, andando alla ricerca di prodotti  che siano “freeware”, cioè distribuiti in modo del tutto gratuito, ignorando i software  coperti dai diritti d’autore. Buon downlad a tutti

Ciao Enzo!

8 novembre 2007 alle 19:45 | Pubblicato su Attualità | 1 commento

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Dopo Indro Montanelli un altro maestro del giornalismo italiano se ne va. All’età di 87 anni si è spento in un letto di ospedale Enzo Biagi, giornalista, scrittore ed anche ex partigiano. Uno dei più grandi giornalisti italiani, se non il più grande. Da tempo era ammalato di cuore e negli ultimi mesi le sue condizioni di salute si erano aggravate. Una vita spesa per raccontare l’Italia e gli italiani, con umiltà, sensibilità, senza clamori. Egli stesso veniva da una famiglia non ambiente. Sin da giovane dimostrò la sua vocazione incline al giornalismo, tant’è che all’età di 21 anni entrò a lavorare nel “Resto del carlino” senza per questo abbandonare gli studi universitari. Oltre che direttore di varie testate giornalistiche, fu anche autore e conduttore di numerose trasmissioni televisive, tra le quali “Il fatto”, l’ultima di una lunga serie, che sancì nel 2002 la sua epurazione dalla Rai ormai in mano all’allora neo presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Non so quanti di voi, adepti del cavaliere e non, hanno ascoltato l’intervista, subito dopo la notizia della morte del giornalista, nella quale il cavaliere asseriva: “io non ho cacciato Enzo Biagi dalla Rai”;”…non ho cacciato nessuno”;”…una grande perdita per il giornalismo italiano” Ora, che Berlusconi fosse un bugiardo professionista lo pensano in molti, ma che fosse anche ipocrita nel parlare in questo modo di una persona che detestava e soprattutto che non c’è più, è veramente troppo! Per i poco informati e per quelli che chiudono gli occhi davanti all’evidenza dei fatti, è bene rammentare cosa disse dopo pochi mesi dal suo insediamento alla presidenza del consiglio, in quello che ormai è ricordato da tutti come “l’editto Bulgaro” del 18 aprile 2002. In quell’occasione, Berlusconi, che era in visita ufficiale in Bulgaria, sentenziò l’epurazione di Daniele Luttazzi, Michele Santoro ed Enzo Biagi dalla televisione pubblica, perchè i loro programmi erano “….troppo faziosi in una TV di stato che invece dovrebbe essere imparziale”. In realtà si stavano già facendo le prove generali per insediare ai vertici di Saxa Rubra i fedelissimi del regime; dopodicché Silvio Berlusconi si ritrovò con le due maggiori emittenti nazionali dalla sua parte: controllava di fatto la Rai e allo stesso tempo continuava ad essere proprietario di Mediaset. Aveva così ottenuta la “sua” imparzialità. Nessuno, da quel momento in poi, avrebbe più osato parlare delle sue vicende personali. Insomma, un tipico comportamento stile dittatura sudamericana alla Pinochet. Enzo Biagi, a caldo, dopo l’editto commentò: “Vorrei sapere quale reato ho commesso: stupro, assassinio, rapina?”. La trasmissione “Il fatto”, dopo la pausa estiva, non sarebbe più andata in onda. Pertanto Berlusconi ha perso una buona occasione per potersene stare zitto e rispettare la memoria di un grandissimo uomo. Personalmente di Enzo Biagi mi è rimasta impressa nella mente un’apparizione in TV di tanti anni fa, credo fosse la fine degli anni 70, inizi anni 80. Io ero poco più che adolescente quando in TV mandarono in onda un’intervista fatta a Stefano Delle Chiaie, personaggio di spicco del terrorismo nero di quegli anni, all’epoca latinante, se non ricordo male, in un non meglio precisato paese sudamericano che gli garantiva protezione. Rimasi colpito e ammirato da tanto coraggio, poichè Biagi, per poter raggiungere il luogo dell’appuntamento fu incappucciato e portato nel covo di Delle Chiaie, mettendo così a repentaglio la propria vita. Ogni volta che lo vedevo in video pensavo a quell’intervista, a quel coraggio, a quella professionalità, a quanti giornalisti in Italia avrebbero fatto lo stesso. Concludo questo post, con l’augurio che Biagi ora possa incontrare in Paradiso Montanelli per firmare insieme pagine epiche di un modo di intendere il giornalismo che è morto insieme a loro. Ciao Enzo!

Liberismo e Statalismo: Le due facce della stessa medaglia

24 ottobre 2007 alle 21:48 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

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di William Ghilardi

Caro Pino,

scusa il ritardo nel rispondere al tuo post, ho avuto un bel traffico in questi giorni. Leggendo il tuo post mi son venuti alla mente episodi accaduti circa 15 anni fa. Ai tempi avevo circa la metà degli anni che ho adesso e più o meno il triplo delle illusioni di oggi. Ricordo che era da poco caduta l’Unione Sovietica e di conseguenza il sogno di milioni di individui. Alcuni incalliti sostenitori del capitalismo, dopo aver debitamente tacciato d’ideologia i comunisti, dicevano (dimostrando di essere ancora più ideologi dei comunisti) che l’Unione Sovietica è crollata perché la gente li non aveva più una motivazione per produrre. In pratica, siccome si faceva finta di pagare i lavoratori, i lavoratori facevano finta di lavorare. Nell’occidente invece, dove chi si dà da fare, chi lavora, emerge e diventa ricco, la gente è più motivata e lavora di più. Insomma la guerra fredda, che è costata sangue (Vietnam e Corea), nonché miliardi e miliardi di dollari bruciati in armamenti, era solo una guerra di motivazione. Ad un certo punto gli operai sovietici erano demotivati, e quindi hanno vinto gli operai americani. Quindici anni dopo scopri che c’é mancato mica troppo che il muro sarebbe crollato dall´altra parte. E allora incominci a chiederti quali erano le vere ragioni del crollo del loro sistema. Ecco, io non so se tu hai esperienza di lavoro presso una grossa azienda. Io ne ho conosciute dall´interno già tre. Quello che le accomuna è il fatto che tutte e tre sono governate da una burocrazia tanto grande e potente quanto inutile e costosa. In questo genere d’aziende tutte le decisioni che dovrebbero essere prese dal “centro” vengono prese in “periferia” e tutto quello che andrebbe deciso in “periferia” viene deciso in “centro”. Ci s’inventano le cose più assurde per giustificare il fatto che un certo numero di persone lavorano in questo o quel dipartimento/ufficio.  D’altra parte se un capo-dipartimento è ONESTO e ammette di guidare un dipartimento inutile, questo è chiuso, e lui perde il suo posto privilegiato di capo. Quindi tiene la bocca chiusa, partecipa a riunioni dove non fa altro che porre l’accento l´importanza del suo dipartimento (che lui stesso sa non servire a niente), e continua a DANNEGGIARE l’azienda nel suo insieme. Finché appunto, qualcuno a un livello più alto, ma esterno alla cerchia di cui il capo-dipartimento in questione lavora, decide (sulla base di circolazioni degne di un computer della NASA, eseguite con software ideati su richiesta di gente inutile, per esigenze inutili e pagata con soldi utili) che l’intero stabilimento, o un gruppo di stabilimenti devono essere chiusi, perché i conti non tornano. E così sfumano migliaia di posti di lavoro. A questo punto capisci che il vero motivo che ha portato al crollo dell’Unione Sovietica, non è la motivazione dei suoi operai… quanto la burocratizzazione estrema di uno stato, che ad un certo punto non ha potuto più reggere finanziariamente. Ecco, spesso nei colossi del capitalismo occidentale succede lo stesso. Salvo poi, per ragioni di comodo, di dare la colpa vuoi all´11 settembre, vuoi al calo delle vendite, vuoi alla concorrenza dei cinesi, vuoi alla mancanza di questo e di quest’altro. Un saluto

Carrefour : à dieu Italie

20 ottobre 2007 alle 01:50 | Pubblicato su Attualità | 4 commenti

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E’ notizia fresca fresca che il colosso francese della grande distribuzione Carrefour si stia apprestando a chiudere 11 ipermercati nel centro sud. Non è dato di sapere quali siano le località chiamate in causa e quindi nessuna notizia certa riguardante le sorti dell’ipermercato di Cavallino che a questo punto, dopo più di dieci anni, rischia di chiudere battenti. Difatti ci sono in pericolo migliaia di posti di lavoro che molto probabilmente andranno in fumo. La decisione di chiudere alcune sedi del sud Italia è stata presa dai vertici dell’azienda francese perché sembra ci sia stato nel corso del 2006 un netto calo degli introiti, soprattutto dai centri dislocati qui al sud, dovuto, a quanto sembra, alla grave crisi economica di alcuni settori cardine dell’economia che ha prodotto un calo delle vendite. Di tutta questa storia, che vede protagonista ancora una volta il nostro già martoriato sud, l’aspetto curioso riguarda le strutture che rimarranno. Sembra infatti che uno dei probabili acquirenti, secondo fonti di radio capital, sia il gruppo facente capo a Marco Tronchetti Provera, la Pirelli S.p.A. Ma non si sa niente di certo circa l’utilizzo finale di queste strutture.

IL LIBRO: «In questo momento sta nascendo un bambino» di Enrico Letta

7 ottobre 2007 alle 15:20 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

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Enrico Letta è deputato della margherita e candidato delle primarie per la corsa alla segreteria del neonato Partito Democratico. Ma non è in veste di politico che parlerò di Letta, bensì di scrittore, poiché è uscito da pochi giorni un bel libro dal titolo “In questo momento sta nascendo un bambino”.Lo scopo del parlamentare della margherita è analizzare la prospettiva di crescita futura dei bambini che nascono oggi: Quale scuola gli accoglierà fra dieci anni? Quali possibilità gli aprirà l’università? Troveranno un lavoro che gli consentirà di affrontare serenamente le responsabilità di una famiglia, o saranno costretti a restare troppo a lungo nella casa dei genitori, per mancanza di alternative? La loro vita adulta sarà gravata dalla montagna di debiti accumulati dalla generazione precedente, come accade agli italiani di oggi? Le donne avranno uguali opportunità di realizzazione degli uomini? Sono alcune delle domande secondo Letta, che una politica degna di questo nome dovrebbe mettere al centro della sua attenzione, invece di accontentarsi di navigare a vista tra gli egoismi personali e il bisogno di mantenere il potere conquistato. Lo scopo di una politica che può ancora appassionare i cittadini deve essere la costruzione del futuro. È per questo che Enrico Letta – partendo dalle tre parole chiave: libertà, mobilità, natalità – sceglie di raccontare l’Italia attraverso la prospettiva dei bambini che nascono oggi. 

Breve biografia dell’autore:

Enrico Letta ha 41 anni. Si è laureato in diritto internazionale ed ha conseguito un dottorato di ricerca in Diritto delle comunità europee presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Ha conseguito un master in economia in una delle più prestigiose Università americane: HARWARD.Pur essendo giovanissimo, la sua carriera politica è lunga:Presidente dei Giovani democristiani europei dal 91 al 95; segretario generale del Comitato Euro del Ministero del Tesoro dal 96 al 97;  vicesegretario nazionale del Partito Popolare Italiano dal 97 al 98. A soli 32 anni, dal 98 al 99, è stato il ministro più giovane della storia della Repubblica, periodo in cui ha ricoperto come guardasigilli il dicastero delle Politiche comunitarie. Ministro dell’Industria dal 99 al 2001 e, sempre nel 2001 nominato responsabile nazionale per l’economia della Margherita. Nel 2004 è stato eletto parlamentare europeo per la lista di Uniti nell’Ulivo. Nel 2006, viene nominato segretario alla presidenza del Consiglio dei ministri del Governo Prodi. E’ sposato ed ha due figli.  

SI PREGA DI PARLAR D’ALTRO

18 settembre 2007 alle 21:06 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

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  • di Marco Travaglio per l’Unità 

  • Da tre giorni, per esorcizzare il terrificante successo del V-Day parlando d’altro, la gran parte dei politici e dei giornali e tg al seguito si esercita intorno all’«attacco a Marco Biagi». Il primo a parlarne è stato Libero Mancuso, salvo poi rettificare: non gli è piaciuto un video sulla cosiddetta «legge Biagi» (scritta da Maroni, intestata da Berlusconi al giuslavorista dopo il suo assassinio, duramente contestata dal programma dell’Unione e da un libro di Grillo elogiato dal Quirinale). Ma le agenzie di stampa hanno continuato a ritmare le polemiche sugli «attacchi» o «insulti» o «offese a Biagi», anche se i loro inviati erano sul posto e potevano testimoniare che in 10 ore di V-Day nessuno ha mai citato «Marco Biagi» (il video, disponibile sul sito di Repubblica, parla della legge). Così la balla, rilanciata dall’«informazione» che dovrebbe stopparla, sèguita a rimbalzare di qua e di là. Immortale la faccia schifata di Francesco Giorgino mentre dice quattro parole di circostanza al Tg1 sull’iniziativa venturatamente riuscita, ansioso di passare al più presto alle cose serie, tipo festa dell’Udeur a Telese o forum di Cernobbio. Strepitoso Andrea Romano che ha trovato casa all’Einaudi di Berlusconi: sulla Stampa cita le solite «accuse a Biagi» e conclude che in un paese normale il V-Day «verrebbe recensito nelle pagine dello spettacolo» (infatti La Stampa ci apre la prima pagina). Memorabile il commento di Casini, per sua fortuna lontanissimo da piazza Maggiore: «Il V-Day è una cosa di cui vergognarsi: hanno attaccato Biagi, che andrebbe santificato». Ora, a parte il fatto che lui è uso santificare Dell’Utri, Andreotti e Cuffaro, in un paese serio qualcuno gli chiederebbe: scusi, Piercasinando, ci vuole gentilmente spiegare chi, quando e dove ha attaccato Biagi e, se non ce lo spiega vuole gentilmente scusarsi e vergognarsi lei? La leggenda metropolitana degli attacchi a Biagi ricorda quelle che han colpito altri due prìncipi della satira: Sabina Guzzanti e Daniele Luttazzi. Nel 2003, quando la Rai censura «Raiot», qualcuno tira fuori che Sabina ha attaccato la «razza ebraica» e un’antisemita non può lavorare in tv. Ma è vero l’opposto: Sabina ha detto che dire «razza ebraica» è antisemitismo, criticare Israele no. Una frase anti-antisemita. Ma la montatura serve a giustificare la censura parlando d’altro. Dieci giorni dopo l’Ansa informa (si fa per dire): «Pubblico imbarazzato al teatro Modena di Genova, dove Daniele Luttazzi, in veste di autore, ha messo in scena i suoi “Dialoghi platonici”: sotto accusa una scena in cui Andreotti, davanti al cadavere di Moro nella tristemente celebre Renault4, preso da eccitazione, lo denuda e lo sodomizza». Altra agenzia: «Luttazzi, sul palco, travestito da Andreotti fa atti osceni col cadavere di Moro». Quasi tutti i giornali riprendono la «notizia» senza verificarla. Il direttore del Tg2 tuona con un editoriale ad hoc: «La scena è una schifezza». Seguono fiumi di dichiarazioni di politici indignati, Bondi e Mastella in testa: altro che epurato, questo Luttazzi che sodomizza cadaveri sul palco non deve tornare mai più in tv. Piccolo particolare: né al teatro Modena né altrove, né Luttazzi né altri hanno mai sodomizzato nessuno, vivente né cadavere. La notizia è inventata di sana pianta. Stesso copione per Grillo: il 9 luglio, sul suo blog, riporta una falsa prima pagina dell’edizione bolognese del Corriere, fabbricata da chissà chi e circolante a Bologna, che lo ritrae in manette tra due carabinieri con un finto commento della vedova Calabresi. Grillo chiarisce che è un falso e rassicura i parenti di essere ancora a piede libero. Il 15 agosto, sulla prima pagina del Corriere, Pietro Ichino imputa a Grillo il falso d’autore e lo tratta come un mezzo terrorista: «Nel suo sito egli si è permesso di dileggiare Biagi, insieme a un’altra vittima del terrorismo, con una “versione satirica” del Corriere contenente il trafiletto che segue. Titolo: “Biagi come mio marito Calabresi: un martire”; testo: “Gemma Capra non ha dubbi: Bisogna smettere di insultare i servitori dello Stato. Altrimenti il rischio è che si ripeta quanto accaduto a suo marito Luigi Calabresi, ucciso solo per aver fatto prendere una boccata d’aria a Pinelli, o a Biagi, ammazzato solo per aver aiutato gl’imprenditori a sfruttare meglio i lavoratori”». Funziona così: uno fabbrica un falso su Grillo, Grillo lo smentisce e il Corriere lo attribuisce a Grillo. Sempre per parlar d’altro, s’intende.  

La cultura dell’inganno

12 settembre 2007 alle 17:01 | Pubblicato su Attualità | 2 commenti

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Gli scandali che hanno colpito gli atenei di alcune città italiane, tra le quali il nostro capoluogo Bari, per le gravi irregolarità riscontrate agli esami di ammissione alle facoltà di Odontoiatria e Medicina ci riconducono, o meglio, ci fanno sprofondare  drammaticamente in una situazione che credevamo fosse ormai storia del passato. In Italia i concorsi continuano ad essere truccati e non ci sono controlli che tengano; a maggior ragione quando chi deve controllare, meschinamente fa parte del “gioco”. Ancor più grave è l’aspetto sociologico del fenomeno: ragazzi, futuri professionisti, che all’età di 18/19 anni, in grande stile, iniziano a prendere confidenza con la cultura dell’inganno, spinti da genitori senza scrupoli a violare le regole del sistema ed infrangere la legge, a scivolare nel baratro dell’illegalità. Tutto questo per poter aspirare ad un posto in facoltà, per poter diventare un domani dottore in medicina, costi quel che costi. Poi, se papà è già un medico affermato, allora tutto è più facile, tutto è più semplice: laurea assicurata e posto garantito. Master in America, come minimo, sempre con i “piccioli”di papà e carriera spianata. Poi perché no!, la partecipazione ad un concorso indetto “ad hoc”, assolutamente “regolare”,nello stesso ospedale dove lavora papà o mamma, oppure lo zio, anche se si tratta di pura coincidenza e null’altro, per iniziare ad esercitare la professione.  Quindi cosa vuoi che siano 8 mila euro per un paio di mesi di preparazione e 30 mila euro per avere la sicurezza matematica di poter entrare in facoltà e che tutto vada a buon fine: Ad occhio e croce, se il babbo ha anche uno studio privato ben avviato, si tratta soltanto di un mese di “sacrificio”. Ma per i figli, si sa, i sacrifici si fanno……Più che la scienza di “Ippocrate” mi sembra una casta di “ipocriti”. A chi credeva che in Italia i concorsi erano diventati una cosa seria dico questa frase in latino:”Nihil sub sole novi”, che vuol dire “nulla di nuovo sotto il sole. Una generazione va, un’altra viene, ma la terra resta sempre la stessa. Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà..

Viva l’Italia!

“MILLE SPLENDIDI SOLI” di Kaled Hosseini

23 agosto 2007 alle 20:33 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

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Animato dalla stessa straordinaria forza narrativa che ha fatto del “Cacciatore di aquiloni” un classico amato in tutto il mondo, “Mille splendidi soli” è a un tempo un’incredibile cronaca della storia dell’Afghanistan degli ultimi trent’anni e una commovente storia di famiglia, di amicizia, di fede, e della salvezza che possiamo trovare nell’amore. Nate a distanza di una generazione, e con idee molto diverse, Mariam e Laila sono due donne che la guerra e la morte hanno costretto a condividere un destino comune. Mentre affrontano i pericoli che le circondano – sia nella loro casa che per le strade di Kabul – Mariam e Laila danno vita a un rapporto che le rende sorelle e che alla fine cambierà il corso delle loro vite e di quelle dei loro discendenti. Con grandissima sensibilità e padronanza del racconto, Hosseini mostra come l’amore di una donna per la sua famiglia possa spingerla a gesti inauditi e a eroici sacrifici, e come alla fine sia l’amore, o persino il ricordo dell’amore, l’unica via per sopravvivere.

“Soldatini” in carne e ossa!

20 agosto 2007 alle 15:48 | Pubblicato su Attualità | 1 commento

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Sono passati poco più di due anni da quando l’amico Eugenio Memmi mi pubblicò sul suo sito www.tuttocasarano.it quest’articolo. A distanza di tanto tempo vorrei riproporlo sul mio blog poichè l’argomento è più attuale che mai e soprattutto per non dimenticare!

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“Quando i bambini fanno ohohohoho …che meraviglia…che meraviglia…mentre i cretini fanno boh !!” Caro Eugenio, come avrai capito, si tratta del tormentone del momento; i bambini che si ribellano alla guerra e, a gran voce, invocano la pace, l’amore tra i popoli. E’ una di quelle canzoni che, a sentirla, ti mette una carica incredibile e ti fa ben sperare; purtroppo le cose stanno diversamente. Le canzoni per i bimbi, giustamente,  hanno sempre un lieto fine , la realtà invece ci racconta di bambini che, in alcune parti del mondo,  sono costretti ad imbracciare un fucile, una mitraglietta, una pistola, bombe a mano ed andare a …..fare bhooooo …proprio come i grandi! Da un recente dossier, reso pubblico da alcune organizzazioni umanitarie (http://www.savethecildren.it/), è stato accertato che sono circa trecentomila, al mondo, i minori costretti ad imbracciare un’arma; bambini-soldato che non hanno raggiunto la maggiore età.Gli stati che si macchiano di questo abominio sono in gran parte Africani: Etiopia, Angola, Burundi,Ruanda, Somalia,Sierra Leone,Uganda, Liberia, Mozambico, Repubblica del Congo; ma anche stati sudamericani: Colombia, Messico, El Salvador, Nicaragua.Purtroppo anche il “civilissimo” occidente è riuscito ad entrare in questa “speciale” classifica poiché stati come la Gran Bretagna e il Canada arruolano nel proprio esercito ragazzini di sedici anni che spesso mandano a combattere senza una preparazione specifica, come è successo nell’ultimo conflitto in Kosovo, dove si sono registrate anche delle vittime tra i giovanissimi soldati.Negli anni settanta furono emblematiche quelle poche immagini che i reporter riuscirono a  immortalare in Birmania, Laos, Cambogia, Vietnam , di “soldatini”, costretti a combattere al fianco dei Khmer rossi  e di Pol Pot ; sembra passato un  secolo da allora, ma sono passati solo pochi decenni e, a quanto sembra, non è cambiato nulla. Ho letto  un interessante articolo di una giornalista “freelance” croata. Raccontava che le maggiori atrocità avvengono in  Mozambico, dove, i guerriglieri costringono i bambini ad ammazzare i loro genitori, sicchè, una volta rimasti orfani, possono restare sotto il loro completo controllo. Bambini drogati e spinti all’uso di alcolici, illusi con false promesse di gloria, obbligati a riti macabri: costretti a diventare stupratori, seviziatori, torturatori e, a loro volta, stuprati, seviziati e torturati . Bambini obbligati a guardare in faccia i morti, considerati veri e propri “trofei”, bambini che hanno perso l’innocenza troppo presto, ai quali sono stati strappati via gli anni più belli della vita. Bambini soltanto all’anagrafe, diversi e lontani dai nostri, che, viceversa,  non fanno altro che ingozzarsi di nutella, patatine fritte, merendine, mentre fanno la guerra,  ma solo per gioco, davanti ad una  playstation oppure davanti ad un personal computer.

“LE PICCOLE MEMORIE” di Josè Saramago

19 agosto 2007 alle 23:01 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

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“Le piccole memorie” di Josè Saramago è un libro di ricordi d’infanzia che abbraccia il periodo fra i 4 e i 15 anni di vita dello scrittore: “non è letteratura su ciò che ho vissuto, bensí quello che ho vissuto. Se avessi dato forma letteraria alla mia vita, sarebbero venute fuori 500 pagine”, precisa Saramago in una intervista. Dalla nascita, nel 1922, nel paese di Azinhaga, nel Ribatejo, agli studi nella scuola industriale di Lisbona. Ricorda il convivio con il nonno contadino, un uomo saggio e analfabeta, con il quale imparò a badare ai maiali e ad osservare la Via Lattea. Parla del trasferimento a Lisbona, dove il padre va a lavorare come agente di pubblica sicurezza, e dove la famiglia andrà ad abitare in piccole stanzette di quartieri popolari, sempre all’ultimo piano, dagli affitti piú a buon mercato. A Lisbona, il bambino timido si trasforma in un adolescente contemplativo, che non perde nessun film del cinema “Piolho”, nel quartiere della Mouraria. E’ un bravo alunno, ma ben presto interrompe gli studi causa le difficoltà finanziarie della famiglia. Saramago è rimasto molto legato al bambino che era, ed egli stesso si sorprende della quantità di ricordi che serba dell’infanzia e dell’adolescenza: il giorno, per esempio, in cui venne assalito dal cane di un vicino; le donne che ricorrevano alla fattucchiera quando le cose andavano male; la madre che alla fine di ogni inverno andava ad impegnare le coperte per qualche spicciolo; o il giorno in cui gettò nella spazzatura la carta geografica sulla quale seguiva la guerra civile della Spagna, deluso dai giornali portoghesi che annunciavano solo le vittorie del generale Franco. Altri ricordi rivelano la fonte di ispirazione di futuri romanzi, come la gita che fece a Mafra, che avrebbe dato lo spunto, mezzo secolo dopo, a “Memoriale del convento”; o le ricerche all’anagrafe, in cerca di notizie sulla morte del fratello Francisco, che avrebbero fornito materiale per “Tutti i nomi”.

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