“SICKO” di Michael Moore

25 agosto 2007 alle 13:33 | Pubblicato su Cinema | 2 commenti

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Mi ero ripromesso che questo blog non avrebbe mai trattato argomenti politici, tantomeno “di parte”. Un’ eccezione la vorrei fare per questo post, in occasione dell’uscita nelle sale dell’ultimo film di Michael Moore «Sicko», anche se mi sembra doveroso fare una lunga precisazione. Personalmente non ho nulla contro il variegato popolo americano, viceversa condanno fermamente la politica imperialista dell’attuale amministrazione, ripudio il governo guerrafondaio di “Bush & company” e sulla pena di morte sapete già come la penso.Voglio essere sincero:Gli U.S.A. mi sono poco simpatici, anzi, vi sembrerà strano, ma credo che non ci sia una nazione senz’anima come gli States. I confini dei vari Stati sembrano siano stati tracciati da un geometra, tutti squadrati, privi di storia, di cultura, di tradizioni secolari. L’arroganza è un aspetto della loro dottrina, che vede l’interlocutore non come alleato ma come sottomesso. A dimostrazione di ciò, le inutili basi sparse per il pianeta, dopo la fine della guerra fredda, a difesa di un meno precisato nemico invisibile da combattere. La fine del 20 secolo ha visto scomparire il colonialismo, mentre si ricomponeva un nuovo impero coloniale. Nel territorio statunitense non c’è nessuna base militare straniera, mentre ci sono basi militari americane in tutto il mondo. In genere quando sei contro gli Stati Uniti, vieni etichettato come un “comunista” perché noi italiani siamo stereotipati,  maestri del ragionamento per luoghi comuni; pertanto non si può non essere comunisti se si disprezza il popolo americano. Non volendo andare troppo lontano,prendo ad esempio  quello che succede in Italia con Berlusconi: se tenti di uscire fuori dal (suo) coro e dissenti dalla sua opinione, non puoi non essere “comunista”. Per fugare anche questi dubbi vi dirò che meno simpatico e più disgusto provavo e provo tutt’ora per l’altrettanta guerrafondaia ex Unione Sovietica, oggi Russia di Putin, viceversa nazione ricca di storia ma incline all’appropriazione della sovranità altrui; governata da un ex agente del KGB, il temutissimo e spietato servizo segreto dell’ex impero sovietico che, quanto a metodi poco ortodossi per fare politica estera, ha messo in campo tutta la sua esperienza di vecchio marpione (Cecenia docet). Quindi sono contro gli imperialismi, di qualsiasi colore politico essi siano. Alcuni di voi sicuramente dissentiranno dal mio giudizio sull’America, ma come amo ripetere spesso vi dico: Vivaddio siamo in Democrazia ed ognuno esprime liberamente le proprie opinioni (attendo la vostra come commento su questo Post). A disprezzare l’attuale amministrazione americana, sono anche gli americani stessi, quelli appunto che hanno deciso di uscire fuori dal coro e non accettano tutto a prescindere. Uno di questi è il famoso regista Michael Moore che proprio in questi giorni sta presentando in Italia il suo ultimo film documentario sulla mala sanità americana, dal titolo «SICKO»,  che mette a nudo tutte le contraddizioni di una nazione democratica con la “d” minuscola. Naturalmente abbiamo visto troppi serial ospedalieri per non aver capito che in America sei curato solo se hai una carta di credito o un assicurazione, altrimenti sei destinato a marcire fuori dall’ospedale. In questa condizione di disagio si trovano la bellezza di 50 milioni di cittadini statunitensi che non hanno i mezzi sufficienti per potersi curare. Funziona molto meglio il tanto bistrattato servizio sanitario italiano, tanto per farci un’idea della situazione. Il regista Moore ha fatto una cosa clamorosa: ha caricato su un grande motoscafo un gruppo di soccorritori dell’11 settembre 2001, che sentono ancora in gola le polveri del crollo delle torri, gente che non ha diritto ad essere curata gratuitamente, parenti delle vittime che dopo il danno subiscono la beffa. Li ha portati a Cuba, nel Habana Hospital, a curarsi “gratuitamente”.Per quest’ episodio Moore ha ricevuto denunce e ha procedimenti giudiziari ancora in corso, formalmente per aver violato l’annoso embargo contro Cuba imposto dal governo americano con il suo capitalismo selvaggio, incapace di curare anche i propri eroi civili, mentre a Cuba si assistono anche gli stranieri. Un film assolutamente da vedere.

“La misteriosa fiamma della regina Loana” di Umberto Eco

24 agosto 2007 alle 16:41 | Pubblicato su Cultura | 2 commenti

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di: William Ghilardi

Rieccomi di nuovo a parlare del piú grande scrittore (anche se scrivere romanzi per lui é solo un hobby) vivente: Umberto Eco. “La misteriosa fiamma della regina Loana” é uno di quei romanzi che lo leggi e ti arricchisci. Uno spaccato di storia d´Italia. Ma una storia raccontata, come ce la si aspetterebbe da un nonno che l´ha veramente vissuta, ma al tempo stesso riscoperta come ci aspetterebbe da uno che l´ha dimenticata come il protagonista del romanzo. Non le vicende politche, gli intrighi, le cronache. Nossignore, qui raccontiamo la storia dell´uomo della strada, quella che non trovi su nessun libro di storia. Come si viveva, cosa si faceva allora, quali ansie e quali preoccupazioni aveva l´uomo del tempo, cosa leggeva, cosa ascoltava. Insomma l´uomo concreto quasi tangibile e non l´uomo astratto al quale ci abituano i libri di storia. E la raccontiamo con gli occhi di un uomo che ha perso la memoria. Un uomo che non sa piú chi é, come si chiama, chi é la sua famiglia. La raccontiamo con gli occhi di un uomo che cerca di ricostruire il suo passato, la sua storia come un archeologo cerca di ricostruire la storia di un popolo vissuto milleni fa, attraverso i documenti sopravvissuti, foto, ritagli di giornale, dischi, ambienti, personaggi. E li la ricerca della propria identitá si confonde con la storia d´Italia degli ultimi decenni. Non ho detto come si chiama il protagonista di questo romanzo, perché il protagonista del romanzo “la misteriosa fiamma della regina Loana” é chi lo legge.

“MILLE SPLENDIDI SOLI” di Kaled Hosseini

23 agosto 2007 alle 20:33 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

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Animato dalla stessa straordinaria forza narrativa che ha fatto del “Cacciatore di aquiloni” un classico amato in tutto il mondo, “Mille splendidi soli” è a un tempo un’incredibile cronaca della storia dell’Afghanistan degli ultimi trent’anni e una commovente storia di famiglia, di amicizia, di fede, e della salvezza che possiamo trovare nell’amore. Nate a distanza di una generazione, e con idee molto diverse, Mariam e Laila sono due donne che la guerra e la morte hanno costretto a condividere un destino comune. Mentre affrontano i pericoli che le circondano – sia nella loro casa che per le strade di Kabul – Mariam e Laila danno vita a un rapporto che le rende sorelle e che alla fine cambierà il corso delle loro vite e di quelle dei loro discendenti. Con grandissima sensibilità e padronanza del racconto, Hosseini mostra come l’amore di una donna per la sua famiglia possa spingerla a gesti inauditi e a eroici sacrifici, e come alla fine sia l’amore, o persino il ricordo dell’amore, l’unica via per sopravvivere.

“Soldatini” in carne e ossa!

20 agosto 2007 alle 15:48 | Pubblicato su Attualità | 1 commento

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Sono passati poco più di due anni da quando l’amico Eugenio Memmi mi pubblicò sul suo sito www.tuttocasarano.it quest’articolo. A distanza di tanto tempo vorrei riproporlo sul mio blog poichè l’argomento è più attuale che mai e soprattutto per non dimenticare!

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“Quando i bambini fanno ohohohoho …che meraviglia…che meraviglia…mentre i cretini fanno boh !!” Caro Eugenio, come avrai capito, si tratta del tormentone del momento; i bambini che si ribellano alla guerra e, a gran voce, invocano la pace, l’amore tra i popoli. E’ una di quelle canzoni che, a sentirla, ti mette una carica incredibile e ti fa ben sperare; purtroppo le cose stanno diversamente. Le canzoni per i bimbi, giustamente,  hanno sempre un lieto fine , la realtà invece ci racconta di bambini che, in alcune parti del mondo,  sono costretti ad imbracciare un fucile, una mitraglietta, una pistola, bombe a mano ed andare a …..fare bhooooo …proprio come i grandi! Da un recente dossier, reso pubblico da alcune organizzazioni umanitarie (http://www.savethecildren.it/), è stato accertato che sono circa trecentomila, al mondo, i minori costretti ad imbracciare un’arma; bambini-soldato che non hanno raggiunto la maggiore età.Gli stati che si macchiano di questo abominio sono in gran parte Africani: Etiopia, Angola, Burundi,Ruanda, Somalia,Sierra Leone,Uganda, Liberia, Mozambico, Repubblica del Congo; ma anche stati sudamericani: Colombia, Messico, El Salvador, Nicaragua.Purtroppo anche il “civilissimo” occidente è riuscito ad entrare in questa “speciale” classifica poiché stati come la Gran Bretagna e il Canada arruolano nel proprio esercito ragazzini di sedici anni che spesso mandano a combattere senza una preparazione specifica, come è successo nell’ultimo conflitto in Kosovo, dove si sono registrate anche delle vittime tra i giovanissimi soldati.Negli anni settanta furono emblematiche quelle poche immagini che i reporter riuscirono a  immortalare in Birmania, Laos, Cambogia, Vietnam , di “soldatini”, costretti a combattere al fianco dei Khmer rossi  e di Pol Pot ; sembra passato un  secolo da allora, ma sono passati solo pochi decenni e, a quanto sembra, non è cambiato nulla. Ho letto  un interessante articolo di una giornalista “freelance” croata. Raccontava che le maggiori atrocità avvengono in  Mozambico, dove, i guerriglieri costringono i bambini ad ammazzare i loro genitori, sicchè, una volta rimasti orfani, possono restare sotto il loro completo controllo. Bambini drogati e spinti all’uso di alcolici, illusi con false promesse di gloria, obbligati a riti macabri: costretti a diventare stupratori, seviziatori, torturatori e, a loro volta, stuprati, seviziati e torturati . Bambini obbligati a guardare in faccia i morti, considerati veri e propri “trofei”, bambini che hanno perso l’innocenza troppo presto, ai quali sono stati strappati via gli anni più belli della vita. Bambini soltanto all’anagrafe, diversi e lontani dai nostri, che, viceversa,  non fanno altro che ingozzarsi di nutella, patatine fritte, merendine, mentre fanno la guerra,  ma solo per gioco, davanti ad una  playstation oppure davanti ad un personal computer.

“LE PICCOLE MEMORIE” di Josè Saramago

19 agosto 2007 alle 23:01 | Pubblicato su Attualità | Lascia un commento

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“Le piccole memorie” di Josè Saramago è un libro di ricordi d’infanzia che abbraccia il periodo fra i 4 e i 15 anni di vita dello scrittore: “non è letteratura su ciò che ho vissuto, bensí quello che ho vissuto. Se avessi dato forma letteraria alla mia vita, sarebbero venute fuori 500 pagine”, precisa Saramago in una intervista. Dalla nascita, nel 1922, nel paese di Azinhaga, nel Ribatejo, agli studi nella scuola industriale di Lisbona. Ricorda il convivio con il nonno contadino, un uomo saggio e analfabeta, con il quale imparò a badare ai maiali e ad osservare la Via Lattea. Parla del trasferimento a Lisbona, dove il padre va a lavorare come agente di pubblica sicurezza, e dove la famiglia andrà ad abitare in piccole stanzette di quartieri popolari, sempre all’ultimo piano, dagli affitti piú a buon mercato. A Lisbona, il bambino timido si trasforma in un adolescente contemplativo, che non perde nessun film del cinema “Piolho”, nel quartiere della Mouraria. E’ un bravo alunno, ma ben presto interrompe gli studi causa le difficoltà finanziarie della famiglia. Saramago è rimasto molto legato al bambino che era, ed egli stesso si sorprende della quantità di ricordi che serba dell’infanzia e dell’adolescenza: il giorno, per esempio, in cui venne assalito dal cane di un vicino; le donne che ricorrevano alla fattucchiera quando le cose andavano male; la madre che alla fine di ogni inverno andava ad impegnare le coperte per qualche spicciolo; o il giorno in cui gettò nella spazzatura la carta geografica sulla quale seguiva la guerra civile della Spagna, deluso dai giornali portoghesi che annunciavano solo le vittorie del generale Franco. Altri ricordi rivelano la fonte di ispirazione di futuri romanzi, come la gita che fece a Mafra, che avrebbe dato lo spunto, mezzo secolo dopo, a “Memoriale del convento”; o le ricerche all’anagrafe, in cerca di notizie sulla morte del fratello Francisco, che avrebbero fornito materiale per “Tutti i nomi”.

Riflessione sulla morte

14 agosto 2007 alle 03:21 | Pubblicato su Cultura | 3 commenti

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Non passa giorno che non legga sui quotidiani locali dell’ennesimo incidente mortale sulle  strade del Salento. Una vera e propria “mattanza” che non si riesce a fermare e che si protrae da mesi e mesi. Spesso si tratta di giovani vite spezzate, di ragazzi che incontrano prematuramente la “signora” senza volto, avviluppata nel suo sventolante mantello nero che impugna con una mano una lunga falce. Ho cercato di immaginare questo insolito e tragico appuntamento con la morte: Lei è lì ad aspettare sul ciglio della strada per quell’incontro indesiderato, non voluto ma gia stabilito per tutti al momento del concepimento in grembo materno; una spada di Damocle che portiamo sulla testa fin dalla nascita. Quel percorso di vita e di morte scritto con inchiostro indelebile su quella lucida lama di questa dama nerovestita che è lì ad attenderci, impassibile, senza alcun sentimento di rimorso, crudele, spietata, priva di vitalità della quale è assetata e sua unica e sola fonte di nutrimento. Pronta a catturare l’ennesima preda, mai sazia di quel bottino che ogni giorno si fa sempre più cospicuo. La morte si sa, è cieca, colpisce senza alcuna logica, è irrazionale nella sua lucidità; ti prende quando vuole e non da mai, non le dobbiamo nulla fino a quando non è lei a pretendere, senza deroghe, senza regole, senza alcuna possibilità di rimandare quell’incontro, nessuna possibilità di rinunciarvi. Sic et simpliciter. La morte è onnipotente, proprio come il nostro buon Dio: stessa grandezza, stessa onnipresenza, stessi poteri, stessa fonte di nutrimento. La morte e la vita: senza l’una non ci sarebbe l’altra, entrambe protagoniste della nostra esistenza, lunga o breve che sia. « …sono la morte e sono qui per te – dice al giovane – », «…prendi qualcun altro, io ho ancora voglia di vivere, sono giovane, vorrei sposarmi, fare dei figli, amare tutti i miei cari – disse il ragazzo…», ….« ….è stato gia scritto ….– sentenziò la morte…..». 

“Baudolino” di Umberto Eco

11 agosto 2007 alle 07:37 | Pubblicato su Cultura | 3 commenti

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Molti non saranno d’accordo con me ma credo che “Baudolino” sia il romanzo più lucido di Umberto Eco, forse il più bello e certamente il più felice dopo “Il nome della rosa”, scritto dal professore di semiotica nel lontano 1980. In questo romanzo storia e fantasia si intrecciano, così come i suoi personaggi. Dal “fantastico” Baudolino, protagonista principale, figlio di contadini che riuscirà con la sua indole fantasiosa e millantatrice  ad entrare nelle grazie del temuto imperatore tedesco Federico Barbarossa, a Niceta Coniate, personaggio realmente vissuto, storico bizantino nonché cancelliere del basileo di Bisanzio. Sarà proprio Baudolino a trovarsi nel bel mezzo dell’assedio di Costantinopoli e a dover raccontare a Niceta la sua storia ripercorsa in 60 anni. Capitolo dopo capitolo racconterà, tra storico e fantastico, di amori impossibili, di feroci battaglie, di grandi storie di odio ed amicizie, di intrighi ed aneddoti. A mio avviso molto dotta ed interessante è la narrazione  che riguarda la nascita e l’espansione di alcune grandi città del nord sotto il regno di Federico Barbarossa: Tra queste la storia di Alessandria, città natale di Umberto Eco.

“Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini

7 agosto 2007 alle 15:22 | Pubblicato su Cultura | Lascia un commento

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“Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini è un libro che ho letto un  paio di mesi fa.   A dire il vero lo avevo comprato per regalarlo a mia moglie, rimasta entusiasta in occasione di un articolo apparso su un settimanale che ne recensiva il racconto. In genere, tra le prime cose che si leggono, all’inizio di un romanzo, ci sono le biografie degli autori, la sintesi del racconto ed in alcuni casi la critica in pillole  di autorevoli riviste specializzate. Mi ha colpito molto il giudizio dato dal sito http://www.amazon.com/ che dice testualmente: “ Questo libro ha un solo difetto: lo si divora troppo in fretta”. Aveva ragione. Il romanzo è talmente avvincente e straordinario che l’ho letto in un paio di giorni o poco più. E’ la storia di un amicizia profonda tra Amir ed Hassan e lo scenario è quello di un Afganistan ai tempi dell’occupazione sovietica, successivamente “liberato” per modo di dire, dai Talebani. Se mi è consentito un personale giudizio, direi che è un romanzo propedeutico, da consigliare a tutti quelli che non riescono a leggere un libro, magari spaventati dalle 390 pagine che compongono questo romanzo. La lettura è scorrevole e “leggera”, un lessico semplice e chiaro, privo di paroloni. Insomma ci sono tutti i presupposti per leggerlo tutto. Come   al solito vi anticipo un riassunto del racconto: __ 

C’è stato un tempo in cui Kabul era una città in cui volavano gli aquiloni e in cui i bambini davano loro la caccia. Amir e Hassan hanno trascorso lì la loro infanzia felice e formavano una coppia eccezionale nei tornei cittadini di combattimenti tra aquiloni. Niente al mondo però può cambiare certi dati di fatto: l’uno pashtun, l’altro hazara; l’uno sunnita, l’altro sciita; l’uno padrone, l’altro servo. Amir, il ricco, era il pilota; Hassan, il servo, era il suo secondo. Poi però gli aquiloni non volarono più. E’ una storia di padri e figli, di amicizia e tradimento, di rimorso e redenzione, di fughe e ritorni sullo sfondo di un Afghanistan schiacciato dalla morsa sovietica prima e dai talebani poi. Amir, figlio di un ricco uomo d’affari, viveva con il padre Baba in quella che era considerata da tutti la più bella casa di Wazir Akbar Khan, un nuovo quartiere nella zona nord di Kabul. Anche Hassan viveva con il padre Ali, in una capanna di argilla, all’ombra del nespolo situato all’estremità meridionale del giardino della casa di Baba e Amir. Ma un giorno, sotto gli occhi dell’amico, qualcosa di terribile accadde ad Hassan. Amir commise una colpa terribile e l’armonia tra i due si infranse. “Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. E’ stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto.” Queste le parole di Amir adulto che vive da ormai vent’anni in America, dove è fuggito con il padre. E, quando una telefonata inaspettata lo raggiunge a San Francisco, comprende che deve partire e tornare a casa. Un viaggio di ritorno, un viaggio dentro di sé, un viaggio di espiazione, un viaggio di riscatto. Ricordi assordanti e prorompenti, sensazioni sopite ma mai dimenticate. Ad attenderlo non ci sono però solo i rimorsi e i fantasmi della sua coscienza; quella che una volta era casa e patria è ora una landa desolata, terra di relitti umani e di donne invisibili la cui bellezza non esiste più. Qui avere un padre o un fratello, dopo gli indiscriminati stermini dei talebani, è una vera rarità; qui incrociare il loro sguardo, il più delle volte, significa tortura e morte; qui regnano sgomento e terrore.  Nonostante il finale “americano” e cinematografico (la Dreamworks casa di produzione di Steven Spielberg ne ha acquistato i diritti per trarne un film) è una storia toccante e coinvolgente che vale la pena di leggere e su cui riflettere.

«Caccia agli scienziati nazisti»

2 agosto 2007 alle 21:26 | Pubblicato su Cultura | 1 commento

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di WILLIAM GHILARDI

Vivevo a Novara e quel giorno (probabilmente una domenica) decisi di andare a trovare amici a Milano. Mi fermai in edicola con l´idea di comprare un giornale da leggere in treno (la linea Torino-Milano é la piú disgraziata d´Italia con ritardi che a volte raggiungono l´ora, a volte un giornale aiuta a sopportare i disagi…), ma mi resi conto che con il costo di un giornale potevo comprare uno di quei libri che nessuno vuole da anni. Fu cosí che mi capitó tra le mani per la miseria di 1500 lire un libro che mi fece riflettere come pochi altri nella mia vita. “Caccia agli scienziati nazisti” di Michel Bar-Zohar. In questo libro si parla di un curioso bottino di guerra che gli alleati hanno razziato alla sconfitta Germania nazista. Un bottino fatto non di beni ma di cervelli. Il titolo parla di scienziati, in realtá il grosso dei protagonisti sono ingegneri, gli unici veri scienziati di cui si parla sono il “barone rosso” (Manfred von Ardenne ) e Werner Karl Heisenberg ovvero l´uomo dell´ “atomica nazista”. Per gli interessati esiste ancora nella leggendaria cittá di Haigerloch il laboratorio dove Heisenberg e i suoi collaboratori hanno lavorato per dare a Hitler la bomba atomica (fortunatamente senza successo). http://www.haigerloch.de/stadt/keller_englisch/EKELLER.HTM
Torniamo al libro ovvero alla storia di questi ingegneri (il piú famoso dei quali fu Werner von Braun) che divennero selvaggina di lusso per i cacciatori americani e sovietici che volevano e bisognavano di cervelli per costruire gli armamenti che tolsero il respiro a tutto il pianeta durante gli anni della guerra fredda. Pochi sanno, ad esempio, che il contributo di questi uomini permise ai russi di mandare lo Sputnik in orbita, pochi sanno che al progetto Manhattan lavorarono fisici che erano fuggiti alla ferocia nazista. Pochi sanno che dopo la seconda guerra mondiale i tecnici e ingegneri che non trovarono lavoro presso gli americani o presso i sovietici si misero a lavorare per il presidente egiziano Nasser e al suo sogno di cancellare lo stato israeliano. Ma non sono tanto le vicende storiche che mi hanno colpito, quanto piú di tutto le vicende umane di questi uomini. E soprattutto mi ha colpito e scosso il fatto di come questi uomini dalla straordinaria intelligenza venivano impiegati a costruire armi per distruggere. Asimov scrisse che la curiositá ha trasformato l´animale in Uomo e lo scrisse con parole molto forti, che ricordano la Bibbia:”In principio era la curiositá”. Questo bisogno di scoprire e svelare i segreti della natura é stato usato per distruggerla. Come questo sia accaduto, lo racconta Michel Bar-Zohar in questo libro.

da sinistra a destra: W.K. Heisemberg e M.Von Ardenne

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